Alessio Paganelli – terra d’artista

Alessio Paganelli – terra d’artista

di Marco Bagnoli

giugno 2018

I lettori di Noi di Qua hanno ormai imparato a conoscere Montale come una terra di personaggi davvero particolari – sono infatti molti gli artisti e quand’anche ne mancassero di autoctoni ecco che subito è disposta ad accoglierne da fuori. È questo il caso di Alessio Paganelli, pratese di nascita ma montalese d’adozione da ben undici anni, domiciliato presso uno degli ultimi avamposti abitati là sulla collina, in mezzo agli ulivi – una casa della quale si è innamorato, forse rammaricato della situazione urbana del centro di Prato.Alessio è un artista autodidatta, e si può dire che in questo lo è da una vita, dall’età di sei-sette anni, da quando cioè poteva reggere in mano il pennello con una qualche cognizione di causa. Come molti ha iniziato copiando l’opera dei grandi che ci hanno preceduto, vuoi Van Gogh, Carrà, De Chirico e Modigliani, il suo primo grande amore. L’altra sua grande infatuazione la sperimenta col gotico del Due-Trecento, quello per intendersi di Duccio da Boninsegna, Taddeo Gaddi e Filippino Lippi. Trascorre l’adolescenza affrontando l’usuale percorso che lo separa da Firenze, sede di molte meraviglie artistiche e degli Uffizi in particolare, visitati alacremente con cadenza settimanale. Giunto alla soglia dei vent’anni l’arte, fino ad allora vissuta come un’urgenza, un vero e proprio bisogno, ecco che scivola via dalle sue priorità e per altri vent’anni almeno cesserà di farsi sentire con la sua necessità.Lo sblocco, se così vogliamo dire, non giungerà che intorno ai quarant’anni, come effetto di un percorso psicologico dagli esiti tutto sommato prevedibili: Alessio ricomincia a dipingere nel ‘94 senza più interrompersi. A volerla dire tutta qualche interruzione c’è stata, perché Alessio non è un artista dalla produzione costante e ininterrotta, ma procede piuttosto concentrato, con poche opere intervallate da ripetute attese creative. La produzione della sua rinascita artistica, in quel primo scorcio degli anni Novanta, torna con la memoria ai fondi oro del gotico del Due-Trecento, ricreato anche con l’utilizzo della foglia di oro zecchino, per impreziosire al meglio quei paesaggi da cui prendeva ispirazione, in particolare la Tebaide di Gherardo Starnina.

Negli anni inoperosi Alessio non è rimasto con le mani in mano, ma ha continuato a studiare l’arte per conto suo, ispirato da quella curiosità per la conoscenza che si riconosce fin da bambino. È in questa sua ricerca che fa la conoscenza di una nuova folgorazione, quella del pittore francese Ives Klein, ideatore tra l’altro del Blu Klein, una tonalità di blu da lui individuata, trattata nelle sue creazioni con una tecnica che lo rendeva visivamente simile al velluto. Klein stimola in Alessio una ricerca sulla materia, passata per tre esaltanti mostre nelle quali era il cacao ad essere l’ingrediente principale delle sue realizzazioni, e poi approdata alla sua ultima produzione, quella che utilizza la terra.La terra, scelta per le sue valenze cromatiche o volutamente addizionata di pigmenti colorati, viene associata ad un supporto portante gelosamente custodito nel più assoluto segreto. Tema dei lavori sono delle mappe di territori immaginari, che è possibile disporre liberamente e curvare come delle vere e proprie carte geografiche. In tutto questo la sua prima collettiva è del 2000, presso l’Officina giovani di Prato. Espone ancora a Prato, e anche a Firenze, Arezzo, Lucca e ovviamente Montale. Auguriamo ad Alessio di poter fare della sua passione, del suo “bisogno”, il suo lavoro.

 

 

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