Lo potevo fare anch’io

Lo potevo fare anch’io

di Carlo Rossetti

marzo 2015

Un curioso fatto accaduto a Bari, in occasione della Mostra “Display Mediating Landscape” alla Sala Murat, circa un anno fa, ci dà l’opportunità per fare alcune considerazioni sull’arte contemporanea e su certi artisti. Lontano da noi il proposito di dare giudizi definitivi e inappellabili, o che abbiano il ben che minimo valore di critica ufficiale; è solo per il piacere di commentare i vari punti di vista che si incontrano e si scontrano nel valutare un’opera contemporanea. Ma veniamo al fatto.

Un’addetta alle pulizie della Sala Murat di Bari si è presentata al lavoro una mattina e per prima cosa ha cercato di dare una pulita al pavimento, dopo che residui di materiale erano stati depositati in terra la sera precedente, durante l’allestimento della mostra. Ligia al dovere, ha spazzato ben bene il materiale e l’ha passato agli addetti della Nettezza Urbana. Fino a qui niente da eccepire. Il fatto è che quando più tardi è arrivato il direttore della mostra, la poverina si è resa conto di avere spazzato un’opera d’arte che l’incauto artista aveva creato proprio sul pavimento. Un fatto del genere è successo anche a Prato, al Museo Pecci, durante l’allestimento di una mostra di Mario Merz, celebrato artista concettuale. Una trentina di fascine che facevano parte integrante dell’opera, furono sistemate momentaneamente all’esterno, sul marciapiedi, numerate da uno a trenta. Mentre all’interno si lavorava alacremente, le fascine presero il volo ad opera degli operai della Nettezza Urbana, che avevano ritenuto opportuno rimuovere quella quantità di canne che ostruivano il marciapiedi. Quando ci si accorse dell’accaduto, ci fu un bel daffare per riavere il materiale prelevato.

Ritornando all’episodio di Bari ci domandiamo: come avrebbe potuto l’addetta alle pulizie capire che una serie di cartoni accatastati per terra insieme a residui di biscotti, tali i materiali utilizzati per l’opera, fosse il frutto luminoso della vena creativa di un artista? Rifacendosi all’arte concettuale, qualunque cosa può essere un’opera d’arte, purché un gruppo di esperti, oppure anche l’autore la consideri tale. Se poi l’opera si trova in un museo, acquisisce tanto più l’imprimatur dell’arte. Oppure, dal momento che è il prodotto di un artista, automaticamente la sua creazione diventa opera d’arte. E qui il discorso potrebbe svilupparsi all’infinito, senza trovare una plausibile risposta o conclusione. Va detto che il più delle volte di fronte a un’opera del genere si sente dire: «lo potevo fare anch’io». Ma i sostenitori dell’arte contemporanea rispondono che ciò non è possibile, ed è così che hanno origine due scuole di pensiero contrapposte. 

Ora vediamo come una persona qualsiasi, una mattina qualsiasi, andando al lavoro, possa vestire i panni dell’artista, raccogliendo ai bordi della strada un paraurti, testimonianza di un incidente stradale, decidendo di collocarlo in mezzo alla prima aiuola che incontra, interrato come un albero. Se c’è anche un brandello di copertone sfilacciato è ancora meglio. Alla sua forma accartocciata in cui si intravedono lembi del numero di targa, possiamo attribuire, volendo , un qualsivoglia valore estetico. All’idea si può dare pure il significato che uno crede. Domanda: può essere considerata opera d’arte l’oggetto rimosso dalla sua abituale funzione, che ora fa mostra di sé in mezzo alla rotonda? E colui a cui è venuta l’idea può essere considerato un artista? Se pensiamo di sì, vuol dire allora che potenzialmente possiamo essere tutti degli artisti, dei Marcel Duchamps, il quale nel lontano 1917 espose a New York, un orinatoio rovesciato, o dei Piero Manzoni, noto per le sue scatolette di “Merda d’artista”. Indubbiamente ci sono artisti le cui opere nascono da un autentico bisogno di una rappresentazione che non ricalchi precedenti modelli, da una necessità di oltrepassare certi schemi; però non si può certo dare credito alle varie bizzarrie che di quando in quando ci vengono proposte. E’ notorio che l’arte contemporanea è un terreno che si presta alle più inusitate e svariate esperienze, il più delle volte prive di una vera e propria motivazione, legate soprattutto a precise esigenze di mercato o a particolari mode. 

Per quanto riguarda la nostra addetta alle pulizie, non vogliamo dire che abbia fatto bene, ma non ci sentiamo onestamente di sostenere che lei abbia fatto un torto all’Arte. Qualcuno, comunque, ci può smentire. Peccato che la donna, non addentro ai misteri dell’arte, non abbia potuto pensare di spacciare il suo gesto come un proprio e spontaneo intervento sull’opera esistente, sì da configurarsi come personale performance, che le avrebbe valso, oltre al riscatto sociale, il titolo d’artista e il diritto di rivendicarne la paternità. Alla vernice, tolto il grembio, tra signore tinte e paludate e signori loquaci e plaudenti, le sarebbero stati fatti tanti, tanti complimenti.

Scrivi un commento

Per pubblicare un commento devi primaautenticarti.

Social Network

facebook

 
Help & FAQ

Se ti occorre aiuto consulta le "domande frequenti (FAQ)"
Frequently Asked Questions (FAQ) »

Contatti

Telefono: + 0573.700063
Fax: + 0573.718216
Email: redazione@noidiqua.it