Viva il Lampredotto

Viva il Lampredotto

di Massimo Cappelli

marzo 2015

A fine gennaio scorso, l’amministratore delegato di Mc Donald’s, Don Thompson, è stato rimosso dal suo incarico perché il colosso americano ha perso ben il 15% di utile. Anche il giro d’affari di Burger King, nel 2014, ha visto un calo di fatturato, oltre il 17%, perdendo però meno, in termini di utile, della grande azienda dell’Illinois, poiché passato interamente al sistema di franchising. Secondo Virginia Della Sala, come spiega nel suo articolo su Il Fatto Quotidiano, l’hamburger e la globalizzazione del fast food americano è in piena crisi d’identità, e la scelta di allineare il loro prodotto a quelli tradizionali e tipici del paese in cui sono situati i loro ristoranti, non ha che contribuito ad accelerarne la caduta libera, complice anche la scelta, da parte delle masse, del consumo di prodotti vegani, macrobiotici e a chilometri zero.

Comunque sia, la confusione e l’ambiguità del panino americano con la carne chianina, o con lo speck della Valtellina, hanno in gran parte provocato il declino dei fast food anche in Italia. Secondo me, tutto ciò non può essere che da considerare… il trionfo del fegato di ogni consumatore. Il notevole successo di queste grandi aziende americane, che dal dopoguerra in poi hanno conquistato il mondo intero, rischiando di distruggere le secolari tradizioni culinarie di ogni paese da loro “invaso”, è stato possibile prevalentemente grazie al marketing, ed è dovuto sostanzialmente alla disciplina, alla organizzazione, alla velocità di consumo, al prezzo basso e, in ultimo ma non da meno, al mito americano. Nel 1961 Mc Donald’s fonda addirittura l’Hamburger University, un campus per formare dipendenti e manager a tutti i livelli, insegnando loro, innanzitutto, come si cuoce… un panino. Uno magari si chiede se sul diploma di laurea ci verrà scritto “dottore in frittologia”.

Ma volete mettere una bella amatriciana, una carbonara o una ribollita? Una lasagna, un piatto di tagliatelle alla bolognese, un bel coniglio in umido con i fagiolini, un osso buco, o una fiorentina con l’osso? Ma mangiamo come si parla! Io credo che la nostra alimentazione debba far parte della nostra cultura; essa non deve solo nutrire il fisico, ma deve stimolare i nostri ricordi e le nostre emozioni. Quando io mangio un buon piatto di trippa alla fiorentina, mi ricordo sempre come la cucinava mia mamma Luciana e, magari, per dieci minuti torno anche bambino. Con questo non voglio dire che nella storia non ci siano mai state contaminazioni culturali di carattere alimentare; la Sicilia e la bassa Sardegna, per esempio, poiché situate al centro del mediterraneo, hanno assimilato le più disparate tradizioni dei paesi costieri dirimpettai. In queste due regioni uno dei piatti tipici che viene preparato in tanti modi, è proprio il cous cous, pietanza tipicamente araba. Ma anche andando nel nord dell’Italia, per esempio a Milano, dove un piatto fra i più tipici è la Casoeûla, pare che essa sia stata portata nel capoluogo lombardo dalla dominazione spagnola.

Si potrebbero fare centinaia di esempi e ci accorgeremmo di quanto gran parte delle nostre pietanze tipiche, al contrario di quanto si possa pensare, abbiano la loro origine in paesi lontani, assorbite con lo scandire dei secoli dal costume locale. Vorrei, a tal proposito, svelarvi due intuizioni che mi sovvengono al momento. La prima è che il marketing, anche se di grandissimo aiuto per il posizionamento di un prodotto in un mercato (infatti pare che alla guida di Mc Donald’s abbiano messo proprio un uomo-marketing) riesce a cambiare le abitudini dei consumatori solo in parte, e solo con la continua e costante comunicazione pubblicitaria. Per cambiare le abitudini radicalmente, o per creare le tradizioni occorrono i secoli. La seconda, e qui mi rivolgo agli xenofobi, è che siamo già tutti mescolati più di quanto non vorremmo esserlo. Detto questo, mentre mi viene in mente la deliziosa pappa al pomodoro che ha cucinato la Rosy ieri sera, penso: ma se non era stata scoperta l’America, e dalla sua scoperta importato il pomodoro, questo buon piatto della nostra tradizione toscana, come sarebbe potuto esistere?

Vai… Rieccoci con l’America! Alla prossima

P.S. Nel momento in cui correggo questa bozza, apprendo che i “Main Sponsor” dell’Expo 2015 di Milano sul cibo, saranno Mc Donald’s e Coca Cola. A questo punto non ho più parole… potrei scrivere solo parolacce.

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