Millo Giannini

Millo Giannini

di Carlo Rossetti

settembre 2008

Parlare di Millo Giannini è per me cosa facile e allo stesso tempo difficile. Facile, perché ho trascorso insieme a lui buona parte della mia vita, cinquant’anni circa, e perciò credo di averlo conosciuto bene e di poter dire di lui. Difficile, perché raccontarne la sfaccettata personalità, la vivacità mentale, il senso ironico, tratto essenziale del suo carattere, non è impresa agevole se si vuole dare un immagine compiuta di un personaggio che ha avuto peso nella recente cultura cittadina. Proveniva da una numerosa famiglia di operai, i cui componenti erano tutti dotati di una intelligenza non comune; il padre Giulio era un eccellente falegname, quello che si suol dire un vero artista. Di lui conservo con cura la camera da letto dei miei genitori, un manufatto che rivela una mano singolare.

L’incontro con Millo avvenne nei primi anni Cinquanta; a farci incontrare e a legarci fu la reciproca passione per il teatro. La differenza d’età, circa vent’anni, non fu mai un ostacolo, anzi. Mi sono sempre chiesto quale fosse la chiave di questa amicizia, se si considera che in genere gli amici si scelgono fra coetanei: o io ero mentalmente più vecchio rispetto alla mia età anagrafica, o lui era più giovane della sua. Ma la risposta è facile a dirsi; era il suo spirito giovanile, le idee, un certo modo di pensare, che ci facevano sentire vicini. Comunque posso tranquillamente dire che entrambi non abbiamo mai avvertito tale differenza. Ed è stata una forte amicizia per tutti e due, basata sulla stima reciproca e su un profondo affetto, che posso dire abbia influito sulla mia formazione umana e intellettiva. Di carattere allegro, sapeva unire alla leggerezza apparente, la profondità di pensiero, la passione sincera per le cose che faceva, la generosità non comune. Penso di avere imparato tante cose da lui, raccolto certe indicazioni, cercato di osservare il quotidiano attraverso l’ironia. Come i ragazzi di un tempo che venivano avviati al laboratorio di un bravo artigiano per imparare un mestiere, credo proprio di essere stato alla sua “bottega” per il mio apprendistato, o almeno così mi piace pensare. Avrei voluto scomodare per l’esemplificazione le famose botteghe del Rinascimento fiorentino, fucine di ingegni, prima cosa che mi è venuta in mente, ma sarebbe stato un accostamento a dir poco presuntuoso.

La sua intelligenza, le sue capacità, potevano farlo spaziare in vari ambiti, prevalentemente nel campo artistico. Tant’è che il disegno è stato per lui il mezzo per meglio esprimersi e sul quale ha basato la sua vita professionale, come ricercato progettista di mobili da arredamento. E in questo campo può essere definito un precursore, se si tiene conto che quando ha iniziato la propria attività, nel settore del legno non era ancora in uso l’esecuzione del mobile su progetto originale e, successivamente, anche Quarrata è divenuto un territorio di conquista per numerosi architetti. Ma dopo che Millo Giannini aveva aperta la strada.

Univa all’innata capacità di disegnatore, appena perfezionata attraverso qualche anno di studio presso la Scuola d’Arte di Pistoia, l’esperienza maturata negli anni giovanili presso la bottega del padre, che gli permetteva di conoscere ogni aspetto costruttivo del mobile. Per lunghi anni ha curato le progettazioni della Ditta Lenzi, quando il nome della azienda era uno dei più importanti della Toscana, progettando fra l’altro numerosi complessi alberghieri anche all’estero, prima di accingersi ad aprire un proprio studio nella nostra cittadina, che ha tenuto in vita fino a quando è stato in grado di lavorare. Era pure un ottimo intagliatore del legno e i suoi lavori costituivano il risultato di una grandissima manualità sorretta da un disegno sicuro ed elegante. Purtroppo di questa attività rimangono poche testimonianze, ma quelle esistenti possono essere considerate dei piccoli capolavori. Anche scrivere era un esercizio che rientrava nelle sue corde e di tanto in tanto mi faceva leggere qualche racconto, senza che desse né importanza, né seguito alla cosa, perché era il solo piacere di farlo che lo appagava. Grazie a questa inclinazione, fu per lungo tempo corrispondente del quotidiano “Il Nuovo Corriere”, nell’immediato dopoguerra. La pittura era naturalmente una delle sue passioni, così che agli inizi degli anni Settanta detta vita alla Galleria “La Soffitta”, in Piazza Risorgimento, che divenne ben presto per moltissimi artisti, alcuni noti, altri assolutamente sconosciuti, il luogo per potersi far conoscere e apprezzare. Fra questi, senza volere fare torto a nessuno, vorrei citare i nomi di Fabbri, del fiorentino Mori, di Magazzini, Scuffi, Gaggioli, Dini, Vannucci, pittori che, eccettuato il primo, hanno mosso i primi passi proprio alla “Soffitta”, raggiungendo in seguito un alto livello artistico e il riconoscimento della critica ufficiale.

Per una arco di tempo di circa trent’anni, la Soffitta è stata per Quarrata un simbolo, un richiamo, una fiammella in un ambito culturale allora spento, dalla quale è passata una moltitudine di gente. A sostegno di quanto dico, mi piace citare una dedica a Millo, che l’amico Alfredo Fabbri fece sul catalogo, in occasione di una propria mostra: «A Millo, faro nella nebbia artistica e diffusore di opere nel nostro territorio». Millo aveva saputo creare un luogo ideale per l’incontro fra pittori e appassionati di pittura, riuniti nel segno dell’amicizia. Memorabili certe serate invernali in cui, seduti tutti insieme in circolo, senza scomodare necessariamente l’Arte, la conversazione procedeva in ambito meno impegnato all’insegna del sorriso e del buonumore in una sorta di “metti una sera a veglia”.

Ma c’è stata una passione, quella che credo fosse al di sopra di tutte, alla quale ha dedicato tanta parte del suo tempo libero e cioè il teatro. Quel teatro che, come dicevo all’inizio, è stato l’occasione del nostro incontro e del nostro sodalizio. Nell’arco di tempo che va dalla metà degli anni Trenta alla metà degli anni Ottanta, Millo non è mai mancato nell’attività teatrale cittadina. Non avremmo potuto fare senza di lui, e comunque non avremmo mai rinunciato alla sua presenza. Elemento di spicco, era l’organizzatore, lo scenografo, il grafico di originali locandine e depliant, la persona in grado di risolvere i problemi più disparati, vera spina dorsale di uno spettacolo per quanto attiene alla parte tecnico-organizzativa. E non si può non menzionare le sue vignette, il tratto rapido nel cogliere situazioni comiche, il lampo fulminante con cui fissava sulla carta qualche personaggio tipico locale. Come si può vedere una personalità poliedrica che trovava il modo di esprimersi attraverso molteplici forme artistiche, sempre all’insegna del buon gusto, operando con riservatezza, modestia, senza mai farsene vanto, sempre pronto a minimizzare e diminuirsi di fronte agli immancabili elogi. L’insieme delle sue attività non era il frutto di studi, di preparazione universitaria, di corsi specifici, ma semplicemente il risultato di una mente fertile, viva, creativa. Proprio per questo ritengo che il merito sia maggiore.Credo che la perdita di un amico diminuisca la vita di ognuno di noi, ne impoverisca il significato perché la spoglia di qualcosa. Come a un albero a cui cadono le foglie. Con la sua scomparsa ho avuto la percezione di una sottrazione, la consapevolezza di una perdita importante, perché di lui mi mancano molte cose, soprattutto la sua intelligenza e la sua ironia.

 

Per le foto si ringrazia Laura Caiani, moglie di Millo Giannini.

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