Don Dario Flori – prima parte

Don Dario Flori – prima parte

di Marco Bagnoli

marzo 2008

“da soli, senza denaro e senza impure alleanze, a visiera alzata, senza vergogna e senza paura, contro la coalizione di tutte le consorterie”

MANIFESTO ELETTORALE – VIGNOLE, GIUGNO 1902

L’OPERA NELLA DIOCESI DI PISTOIA

Dario Flori nacque il 6 agosto del 1869 a Quarrata, in via Fiume, in una famiglia di modesta estrazione. Frequentò le scuole del Seminario di Pistoia. Il suo rendimento scolastico non si mostrava particolarmente brillante. Uno dei suoi professori, mons. Puccini, gli sarà di grande esempio; fu lui che contribuì alla diffusione, presso la diocesi, della Rerum Novarum, l’enciclica di Leone XIII sulla dottrina sociale della chiesa, del 1891. L’11 giugno 1892 Dario è promosso al Presbiteriato. Diviene cappellano di Vignole. Nel 1907 entra a far parte dell’Ufficio Centrale dell’Unione popolare fra i Cattolici Italiani, per volontà di Pio X.  All’epoca la Chiesa si trovava impegnata su due fronti: da un lato i liberali, contestati dai cattolici quali fautori dello Stato Unitario sorto dal Risorgimento; dall’altro i socialisti, atei e fermi oppositori sia dei liberali sia dei cattolici. I socialisti potevano però vantare un favore crescente presso la popolazione, a scapito dei cattolici. Per questo motivo il Vescovo incaricò don Flori di farsi portavoce dell’Azione Cattolica e del movimento democratico cristiano. Suo compito era favorire l’organizzazione dei ceti popolari. 

Sorsero quindi le Unioni Professionali delle trecciarole e dei contadini, oltre ad altre associazioni a carattere mutualistico e cooperativo nel campo delle assicurazioni e del credito. Sostenne con forza la difesa della libertà della Chiesa, la diffusione della stampa cattolica, la pratica del riposo festivo. S’impegnò per una società di letture popolari, il segretariato del popolo, la scuola serale. Nel 1898 il Governo si vide costretto a sciogliere le organizzazioni socialiste e cattoliche, giudicate “sodalizi sovversivi dello Stato”. In seguito ci fu una ripresa e don Flori ricevette l’incarico di Cappellano del Lavoro e Presidente del II Gruppo Diocesano dell’Opera dei Congressi, per la propaganda nella diocesi. Fu quindi dispensato del suo consueto magistero delle anime. 

Su sua iniziativa sorse nel 1904 la Cassa Rurale di Vignole. Don Flori coinvolse molti giovani della DC in opere di propaganda e divulgazione di opuscoli presso i lavoratori. Fu tra gli organizzatori della prima Settimana Santa di Pistoia del 1907 e partecipò al primo congresso professionale della DC nella Toscana, tenutosi sempre a Pistoia, nel 1902. Fu lui a dare impulso affinché si costituisse l’Unione delle Trecciarole, la Cooperativa e la Cassa per la disoccupazione. Quello di trecciarola era un mestiere allora diffusissimo, legato all’industria della paglia di Pistoia. Un suo trattato in merito venne tradotto in Francia e in Belgio. Si tenne a Firenze il primo convegno sull’argomento, cui prese parte. L’attenzione per questo umile lavoro riscosse un certo favore, ma la questione salariale portò lo stesso Flori ad organizzare il primo sciopero, il 24 maggio del 1896 e quelli nel 1902 e nel 1906. Le attività ne furono danneggiate, ma lui assunse il ruolo di esperto. Tenne quindi una lezione alla IV Settimana Sociale di Firenze, nel 1909. Settant’anni dopo, la sua relazione sullo sfruttamento del lavoro a domicilio si mostrava ancora valida.

Fu consigliere comunale di Vignole nell’elezione del giugno 1902. La sua nomina venne però annullata perché accusato di avere cura di anime. Venne rieletto, nel 1910 e nel 1912. Fu anche facente funzione del Sindaco per poi seguire l’Unione Popolare a Padova nel 1913. Intervenne spesso per sollecitare la maggioranza alle necessità dei ceti inferiori. Flori si trovava a sostenere le proprie idee in aperto contrasto coi socialisti e coi liberali, da lui definiti “massoneggianti”. La tensione era costante. All’epoca era consuetudine assumere lavoratori a giornata; una mattina don Flori li convinse tutti allo sciopero. In questo modo ottennero un miglioramento dei miseri salari. Il proprietario delle terre, sindaco di Quarrata, si recò dal Vescovo a protestare. Flori, che per caso era presente, gli ribadì duramente il suo punto di vista, senza tanti complimenti. I pubblici contradditori con i socialisti furono numerosi, ma non sempre questi li accettavano. Criticava il liberalismo, che aveva dissolto le classi corporative; e il socialismo, che non voleva neanche la famiglia, ma solo lo stato. La sua attività era invece volta alla nascita di una consapevolezza della propria classe, per l’unità dei comuni intenti. Socialisti e liberali si unirono per ostacolarlo e Don Flori divenne oggetto di persecuzioni, minacce e violenze. L’ennesimo processo diffamatorio lo condusse alla malattia, dalla quale rimarrà segnato.

È in questo periodo che inizia a servirsi della stampa e della musica per la sua propaganda. Si firma Sbarra, perché come una sbarra si frappone robusto e inflessibile a bloccare le insidie dei ceti popolari. E proprio come Sbarra sarà dai più ricordato.

continua

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