Tamburo della Luna

Tamburo della Luna

di Massimo Cappelli Ph: Foto Convalle

marzo 2013

Dedicato a Ermete Innocenti.

Riguardo a questo storico locale quarratino, ho già scritto qualcosa in passato in un mio “Concludendo” raccontando però solo esperienze personali. Siccome credo ci sia molto da aggiungere su quello che è stato il locale di riferimento per migliaia di giovani (quarratini e non) della seconda metà del secolo scorso, ho chiesto aiuto ad alcune persone: Dario Magazzini, che sta raccogliendo materiale per scrivere un libro sulla Casa del Popolo di Quarrata, Corrado Gemignani, già allora membro del consiglio direttivo, Marco Aiuti, memoria storica e a quell’epoca assiduo frequentatore del locale e l’attuale presidente Fabrizio Berti che ha fornito le foto.

Il “Tamburo della Luna”, nasce negli anni sessanta; il vecchio locale si trovava sopra il bar della Casa del Popolo, all’epoca gestito dal mitico Folo Ciattini. Intorno al 1970, fu costruita, adiacente al locale esistente, una nuova struttura con forme e materiali innovativi e architettonicamente molto bella. Il nome gli fu dato ispirandosi ad un’altra sala da ballo fiorentina: “Il Verde Luna”, situata nei paraggi del Piazzale Michelangelo, di proprietà del sig. Giusti, a quell’epoca agente di molti artisti. La nuova sala, costruita dall’impresa edile dei fratelli Biagioni, era di configurazione rettangolare, accoglieva oltre mille persone ed era stata concepita con il criterio dell’anfiteatro, in modo tale che dai lati rialzati, si potesse vedere chi sedeva ai tavoli e chi ballava al centro della pista. Alla sala da ballo si accedeva da due identiche rampe di scale; davanti alla rampa di destra c’era il fornitissimo bar con lo storico barman Franco Melani detto “Maciste”. Sicuramente Il “Tamburo della Luna” è stato, per un decennio e forse più, il punto di riferimento per tanti giovani di allora; i giorni in cui si ballava erano il sabato sera e la domenica (pomeriggio e sera).

A quel tempo le discoteche non esistevano ancora, imperversavano le sale da ballo, denominate con l’inglesismo “dancing”, dove sul palco si esibivano i complessini di zona suonando in uniforme e con il proprio nome scritto sulla cassa della batteria. Nei locali si arrivava alle ventuno e trenta circa, molte mamme accompagnavano le loro figlie sedendo con loro per tutta la sera al tavolo. I ragazzi passavano dai tavoli a “imbroccare” chiacchierando del più e del meno, con l’intento di invitare la ragazza a fare un lento; nei casi più difficili, per raggiungere l’obiettivo, i più scaltri, erano strategicamente costretti ad arruffianarsi prima la mamma. Infine, quando la ragazza si concedeva, la madre dalla sua postazione non perdeva mai di vista la coppia. Il locale, nei lati sud e ovest, aveva grandi finestre opportunamente oscurate dall’esterno per non far entrare la luce nel pomeriggio; queste finestre avevano grandi tende che regalavano un’occasionale privacy ad ogni coppia che ne abbisognasse; era molto difficile trovare una “tenda libera”, soprattutto nella parte sud che era di gran lunga la meno transitata. Era consuetudine che l’orchestra, intorno alle ventidue e quindici, facesse un intervallo e non si è mai capito se per andare al bar a bere o per vedere in televisione la Domenica Sportiva; infatti, non essendoci altri mezzi di comunicazione, la sala si svuotava e tutti andavano davanti alla televisione del bar per apprendere le sorti della quadra del cuore. E’ proprio il caso di dire che erano veramente altri tempi!

Il locale raggiunse il suo massimo splendore intorno alla metà degli anni settanta, tante erano le persone che lo frequentavano anche da località vicine a Quarrata, tanti i complessini che hanno suonato lì e tanti gli artisti che vi si sono susseguiti, nei veglioni di fine anno, a carnevale, ma anche nelle normali serate. Per fare qualche nome: Francesco Guccini, I Nomadi, Loredana Bertè (con la quale venne anche uno sconosciuto di nome Renato Fiacchini), gli Alunni del Sole, i Camaleonti, Fausto Leali, i Dik Dik, Marcella Bella, I Pooh, Riccardo Fogli, Riccardo Cocciante e molti altri. Su Riccardo Cocciante esiste un aneddoto che riguarda l’allora vice presidente del consiglio direttivo, Leo Fantacci, il quale mentre era all’ingresso a ritirare i biglietti, non riconobbe l’artista che gli passò fugacemente davanti. Leo lo acciuffò per il colletto del giubbotto e gli disse: “O mezza sega o te indoe vai…” Lui giustamente rispose: “A cantare, sono Riccardo Cocciante!” E Leo: “Sie e io son Sofia Loren… Vai a fare i’ biglietto bischero”. Esiste anche un’altra leggenda metropolitana che racconta di quando uno squilibrato entrò dentro al locale con una pistola puntata alle persone intorno a lui, fu chiamato Leo il quale, con molta freddezza si avvicinò minaccioso al giovane e gli urlò: “Se un tu metti via quella rivoltella te la infilo in bocca e te la ritiro fuori da un’altra parte più in basso”. Il giovane se ne andò e a quanto si dice, non si rivide più.

Delle band locali si possono ricordare, fra gli altri: I Nuovi Orizzonti, La Nuova Edizione, The Little Giaguars, Lando e Luca, gli Alba e gli Axiandra. Una cosa veramente curiosa è che quando avvenne il passaggio di testimone dai dancing alle discoteche, in molti, forse ripensando alle feste in casa, non riuscivamo a capire la figura del disc jockey: non si capiva come un “ragazzo sfigato” potesse sostituire un’orchestra, il vero valore aggiunto della sala. Poi, grazie anche alle tante emittenti private che stavano nascendo dappertutto, la storia fece il suo corso e nacquero piccole e grandi discoteche, offrendo fama e lustro alla nuova figura del D.J. Intorno alla metà degli anni ottanta si concludeva definitivamente l’era dei dancing, destinati a diventare solo la meta dei pochi simpatizzanti del ballo liscio, e quindi anche Il “Tamburo della Luna” ebbe il suo declino.

Ci sarebbe tanto ancora da scrivere ma purtroppo ho dei limiti di spazio, un po’ come i limiti di tempo che ci dava Nazzareno quando ci buttava fuori perché doveva spazzare la sala: “Oh, ooh, oh giovanottini, via! Via! Andate a letto ‘che ho da spazzare che avete ‘nteso”. Poi, lui a finire il vassoio di paste avanzate al bar di Folo, e noi tutti a mangiare la pizza al Cavallino Rosso... una pizza dal gusto decisamente diverso, come diverso è il sapore di tutte le emozioni originate dai nostri più lontani ricordi.

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