il partigiano Ivan Baranovskij

il partigiano Ivan Baranovskij

di Piera Salvi

marzo 2025

La mattina di domenica 2 marzo è arrivato in piazza IV Novembre con la sua bicicletta e ha seguito commosso le celebrazioni. Giovacchino Benesperi, 93 anni, non è voluto mancare alla commemorazione del partigiano Ivan Baranovskij, morto ad Agliana nella notte tra il 2 e il 3 marzo 1944. Perché lui il cadavere di quel giovane lo vide e, anche se aveva solo 12 anni, collaborò per sistemarlo nella bara. «Abitavo vicino al cimitero di San Piero» racconta Benesperi. «Mi ritrovai lì, davanti al quel tavolaccio, dove c’era la salma, nella cappella del cimitero. C’era Angiolino, il becchino, poi arrivarono dei militari e alcune persone in borghese. C’erano difficoltà a mettere quel corpo rattrappito nella bara, Angiolino mi chiese di aiutarlo. Aiutai il becchino a sistemare la salma nella cassa e scappai via. Ero molto commosso e mi commuovo ancora, se ci penso lo rivedo rannicchiato su quel tavolaccio».

La commemorazione del 2 marzo, su iniziativa dell’Associazione culturale Emilia Romagna – Russia, si è svolta in piazza IV Novembre per rendere omaggio al monumento dedicato a Baranovskij, poi un corteo silenzioso si è recato al cimitero di San Piero, in via Bellini, per l’omaggio alla lapide che accoglie le spoglie di quattro partigiani caduti, tre dei quali aglianesi. Vi sono scolpiti i nomi di Magnino Magni, nato il 7 giugno 1914, morto a Treppio durante un combattimento il 17 aprile 1944, Adelmo Santini, nato il 26 ottobre 1927, torturato e fucilato a Groppoli di Serravalle il 25 agosto 1944, Germano Bellucci, nato il 20 ottobre 1922 e morto il 19 settembre 1943 a Klana (oggi Croazia) in uno scontro con i nazisti e Ivan “Paolo” Baranosvkij nato in Russia e morto il 3 marzo 1944. Anche il monumento alla Resistenza, collocato nel 1946 in piazza del Comune (opera dell’artista aglianese Sergio Cammilli) sui quattro lati del basamento riporta i nomi di Magni, Santini, Bellucci e Baranovskij. Il cippo commemorativo dedicato a Baranovskij, su iniziativa di Anpi e comune di Agliana (realizzato dallo scultore Lindo Meoni) venne inaugurato il 26 aprile 1981. Sulla targa in bronzo si legge: “Ivan (Paolo) Baranovskij partigiano caduto il 3.3.44 – Venne da un paese lontano a lottare e morire per la libertà e il socialismo”.

Durante la commemorazione in piazza IV Novembre, l’ex sindaco di Agliana Marco Giunti ha ricordato la vicenda di Baranovskij e come il soldato sovietico arrivò ad Agliana unendosi ai partigiani. Giunti ha ricostruito la storia di Baranovskij parlando, in passato, con i partigiani che avevano combattuto con lui e con la figlia Nina che è venuta ad Agliana nel 1980 e nel 1991. Ci ha poi gentilmente fornito il testo che raccoglie il risultato delle sue ricerche che qui riportiamo sinteticamente.

Ivan Baranovskij era nato a Nalcik (città russa del Caucaso, capitale della Repubblica autonoma di Cabaldino-Balcaria) nel 1912. Coniugato e padre di una figlia, Nina, nel 1941 combattendo contro i tedeschi che stavano invadendo l’Urss, fu ferito e fatto prigioniero. Fu tradotto prima in Germania e poi in Italia, nel campo di prigionia di Monsummano Terme dal quale riuscì a fuggire e venne accolto prima a Santomoro e poi, entrato in contatto con Magnino Magni, si unì ai partigiani della brigata organizzata da Gino Bozzi con il nome di battaglia “Paolo”. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo, in piazza IV Novembre ad Agliana, durante un’azione volta a disarmare la caserma della Guardia nazionale repubblicana, in base all’azione prevista, Ivan “Paolo” fingendosi un militare tedesco (lingua che conosceva) doveva chiedere ospitalità per la notte. Gli altri partigiani armati, poco lontano da lui, erano pronti a entrare in azione appena la porta fosse stata aperta. Il piano che, secondo le intenzioni dei partigiani, avrebbe dovuto svolgersi senza spargimento di sangue, andò diversamente da quanto auspicato. I militi accesero la luce esterna illuminando “Paolo” e gli altri partigiani e aprirono la porta lasciando inserita la catena di sicurezza. All’intimazione del “mani in alto” dei partigiani, i militi della Gnr richiusero e iniziarono a sparare da uno spioncino. Una raffica di mitra uccise “Paolo”. Un altro partigiano venne ferito e portato in salvo. I partigiani non riuscirono a portare via il corpo di “Paolo” che rimase davanti alla caserma per tutta la giornata successiva. Fu Magnino Magni a ordinare la bara a un falegname per dare degna sepoltura alla salma nel cimitero di San Piero. Dopo poco più di un mese anche Magnino venne ucciso durante un combattimento a Treppio. Marco Giunti ha ricordato che nel Cimitero Monumentale di Torino sono custoditi i resti mortali di un centinaio di combattenti sovietici caduti in Italia nelle formazioni partigiane.

«Alla metà degli anni Ottanta» ha raccontato Giunti «il Ministero della Difesa ci chiese di traslare in quel cimitero la salma di Baranovskij. L’Anpi aglianese fu contraria e, con deliberazione del 26 marzo 1985, fu confermato il parere contrario del consiglio comunale, perché a Torino sarebbe stato uno dei tanti, ad Agliana era conosciuto e c’era chi aveva combattuto con lui». In una lettera aperta, pubblicata sul Bollettino del comune di Agliana nell’aprile 1991, Nina Baranovskaja ringrazia la comunità aglianese per avere sepolto suo padre con onore e avere eretto un monumento e ringrazia chi a suo tempo lo accolse, in particolare i fratelli Pomposi.

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