Vanni Mangoni – lo sport l’arte i viaggi

Vanni Mangoni – lo sport l’arte i viaggi

di Piera Salvi. Foto: Gabriele Bellini

dicembre 2021

Abbiamo fatto in tempo a intervistare Vanni Mangoni a fine ottobre, pochi giorni prima della sua partenza per il Nicaragua, dove resterà fino a Natale. «C’è un film cortometraggio che vorrei girare nella foresta del Bosawas, nord del Nicaragua» ci ha detto. «C’è una piccola comunità internazionale di persone che vive a stretto contatto con gli indigeni del luogo. Insieme si occupano di tutela e rigenerazione della foresta e più in generale ospitano viaggiatori offrendo programmi di re-umanizzazione e cioè pratiche bio-dinamiche che permettono all’individuo di staccarsi un attimo dall’ambiente macchinoso della vita moderna e riavvicinano alla terra, agli elementi, alla vita comunitaria/tribale, alla natura dell’essere umano. Questi ultimi, per altro, sono i temi prevalenti nei miei lavori».

Già, i suoi lavori. Laureato in Belle Arti e Cinema/Televisione alla University of Southern California di Los Angeles, Mangoni oggi è artista, muralista e filmmaker. Un’eccellenza aglianese, che si è distinto anche nello sport: è stato un campione di nuoto, conquistando il primo titolo vinto da un italiano agli Us Open, a New York nel 2007 e tre anni prima era in finale ai Campionati Europei di vasca corta a Vienna.

L’arte ti ha ricongiunto anche al nuoto, con il murales che hai dedicato a Federica Pellegrini, regina del nuoto che hai conosciuto quando eravate entrambi giovani promesse di questo sport. Perché questo omaggio a Federica?

«Il murales mi è stato commissionato dall’Aniene e dal presidente del Coni Giovanni Malagò: è situato sulla facciata Ovest del centro acquatico Aquaniene, a Roma, in Via della Moschea. È un tributo ad una delle stelle più lucenti dello sport italiano all’indomani dal suo ritiro. Per me è stato doppiamente speciale idearlo e crearlo proprio perché io e Federica eravamo compagni di nazionale agli esordi del nostro percorso agonistico. Le nostre strade hanno preso direzioni diverse, ma è rimasta una bella amicizia».

Puoi raccontarci perché hai lasciato il nuoto per dedicarti all’arte e ai viaggi?

«Ho lasciato casa quando avevo 19 anni e sono andato a vivere e studiare a Los Angeles. La University of Southern California, che mi ha reclutato per avermi in squadra come nuotatore, mi ha offerto la possibilità di portare avanti nuoto e scuola in modo ottimale. Ho iniziato a lavorare nel cinema e nella televisione subito dopo la laurea, concentrandomi sulla creazione di story-boards per poi affiancare i registi per creare particolari mood visivi. Dal punto di vista della carriera ero molto soddisfatto, ma un’altra parte di me era entrata in crisi. Ho cominciato a pormi domande diverse, di natura esistenziale: Chi sono? Perché sono qui? E’ la natura di questa ricerca che mi ha aperto nuove strade, come la tendenza al viaggio esplorativo e l’arte dipinta».

E quindi sono iniziati i viaggi che ispirano anche la tua arte?

«I viaggi per me sono modi per arricchirmi e per stimolare la produzione di nuovi lavori. Sono viaggi particolari: tendo a cercare comunità indigene per apprendere i loro insegnamenti su come vivere in armonia con la natura ed in comunità, che reputo pilastri per un’esistenza umana sana e vitale. Dai popoli nativi del nord America, agli Aborigeni australiani, alle tribù dell’Amazzonia… le loro tradizioni sono tutte presenti in un modo o nell’altro nei miei lavori più “visionari”. Al di là del loro stile di vita, radicalmente opposto a quello del consumatore moderno, gli indigeni sono guardiani di ‘tecnologie’ naturali in grado di aprire la mente, curare lo spirito e ripristinare un rapporto più sano con sé stessi e con il mondo naturale. Uso la mia arte, in un certo senso, per parlare di questi temi e condividere alcune considerazioni a riguardo».

Nella tua vita quanti paesi hai visitato, compreso il periodo da nuotatore?

«Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di viaggiatori. Quando ero piccolo facevamo almeno due viaggi l’anno tutti insieme, uno in inverno e uno in estate. Sia io che mio fratello Vito abbiamo mantenuto attiva questa eredità. Il nuoto mi ha portato in diversi Paesi ma i viaggi che preferisco sono quelli con lo zaino in spalla e senza programmi prestabiliti. Ho visitato tutti i continenti e vissuto per lunghi periodi all’estero. In un certo senso lo sto ancora facendo: vivo metà dell’anno in Nicaragua».

Prediligi le metropoli o il contatto con la natura?

«Prediligo la natura. In realtà non credo si possa mai perdere il contatto con essa… la natura è tutto ciò che si muove intorno e dentro di noi. Al massimo ce ne dimentichiamo e quando ce ne dimentichiamo troppo a lungo è la natura a ricordarcelo. Sono affascinato dalle metropoli e le visito volentieri quando mi chiama un progetto o per turismo».

Attendiamo con ansia il ritorno ad Agliana di Vanni Mangoni, con il suo bagaglio di belle esperienze, ispiratrici di nuove, straordinarie opere d’arte.

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