Don Paolo Tofani

Don Paolo Tofani

di Marco Bagnoli – foto: bellinigabriele.it

maggio 2012

È parroco qui a San Piero da 19 anni e da ben 28 anni di Santomato. Ha compiuto viaggi in diverse parti del mondo, l’ultimo, all’inizio di quest’anno, in Palestina. Tuttavia è il suo lavoro nel volontariato, come vice-direttore della Caritas diocesana di Pistoia, che gli consente uno sguardo più approfondito sulla realtà del nostro tempo.

Il fatto di poter raggiungere duemila delle circa duemilaquattrocento famiglie di San Piero, mi ha permesso di entrare in contatto con delle situazioni di estremo disagio più evidente di come già non fosse l’anno passato. Ormai il settore trainante su cui Agliana poteva contare, quello del tessile e maglieria, non esiste quasi più.  Manca tutto il terziario, quella cinghia di trasmissione coi piccoli artigiani, e poi soprattutto questa mancanza assoluta di lavoro. Ho trovato famiglie dove, che so, su tre figli ne lavora uno e due sono disoccupati; genitori che sono in cassa integrazione, qualcuno ha perso il lavoro a più di cinquant’anni e non riesce a trovare assolutamente nulla, col problema drammatico di dover pagare o un mutuo, o un affitto e trovarsi in difficoltà ad arrivare proprio alla fine del mese. Noi abbiamo un centro d’ascolto Caritas dove prima venivano solo famiglie straniere, oggi invece la maggior parte di quelli che vengono anche per chiedere un pacco alimentare sono italiani.

I giovani non sono risparmiati da questa situazione.

Uno dei problemi più grossi, secondo me, qui nella realtà aglianese, è vedere questi ragazzi come un po’ persi: il mondo giovanile sembra che non abbia punti di riferimento, oltre al classico bar, non ci sono delle strutture pubbliche che permettano una socialità di qualche tipo, un’attività, degli interessi da poter vivere insieme agli altri. E questo, alla lunga, può mettere a rischio anche il progetto di vita che ognuno ha davanti. Il fatto stesso di avere a propria disposizione tutto quello di cui possa aver bisogno non è sempre una cosa buona; non è che si debba impedire l’uso del cellulare, per esempio, ma bisognerebbe maturare un uso più consapevole, più critico, di questo sistema dei consumi, che sembrano degli status irrinunciabili. Lo stesso coinvolgimento dei ragazzi del post-Cresima all’interno della vita della parrocchia sta diventando un qualcosa di problematico, perché alcuni sembrano già avere la mente occupata da tutta una serie di atteggiamenti e di falsi miti.

Come dovrebbe comportarsi allora un cristiano e più in generale la Chiesa?

La Chiesa deve soprattutto smuovere l’indifferenza e testimoniare un diverso stile di vita, al di là dei principi di fondo della nostra fede, sennò Gesù non si sarebbe incarnato; bisogna prendere parte alle vicende che sono intorno a noi. Basti pensare a tutto il tema del rapporto dell’uomo con l’ambiente, l’aria e l’acqua e con il creato nella sua interezza; la costruzione di un mondo migliore si fa insieme, al di là delle appartenenze religiose. In questo la Chiesa deve adoperarsi per rendere un servizio a tutta l’umanità, non soltanto alla fetta dei suoi credenti. Il tema della pace, della non-violenza, il fatto di chiedere che le risorse per le spese militari siano impiegate per le emergenze sociali riguarda tutti e su questo si potrebbe e si dovrebbe trovare il consenso più ampio.

Questo è un lavoro che parte da ciascuno di noi, laici, cattolici e a maggior ragione i sacerdoti.

Essere il parroco di due comunità è sicuramente un grande impegno, avanti e indietro da l’una all’altra, anche perché le situazioni sono differenti ed essendo solo, senza un aiuto stabile, a volte mi stanca anche molto; però è una situazione che si è rivelata positiva, perché ha stimolato l’impegno dei laici. Io credo in una Chiesa dove i preti non sono più i padroni e non sono quelli che fanno tutto, anche perché i preti saranno sempre di meno: ogni battezzato, assieme al prete, si assume la responsabilità di portare avanti la parrocchia e la testimonianza del Vangelo. Forse è proprio questa la soddisfazione più grande di questi anni: il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei laici.

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