Francesco Lo Cascio – artista

Francesco Lo Cascio – artista

di Marco Bagnoli

giugno 2015

Abbiamo incontrato Francesco Lo Cascio per farci raccontare la sua storia. Francesco è originario di Mileto, in provincia di Vibo Valentia, una terra che lo vede nascere sotto la guerra e che continuerà a tenerlo stretto a sé anche negli anni difficili della ricostruzione. All’età di sedici anni, quando già gli altri fratelli e sorelle si erano sistemati, Francesco accetta la proposta di una parente che da tempo si era trasferita qua in Toscana e la raggiunge pieno delle migliori speranze che un ragazzo possa avere. L’emozione non era semplicemente legata al possibile senso d’avventura sotteso alla traversata, ma alla specifica connotazione artistica e culturale della nostra – sua – regione; è sempre stato uno studente, magari poco interessato alle materie più “noiose”, ma bravo nel disegno – e totalmente affascinato dalla figura di Giotto che disegna la pecora su una pietra. Si mette a fare lo stesso lavoro di suo padre, che aveva perso all’età di trentatré anni, il barbiere; e poi qualsiasi altro mestiere che non lo costringesse a doversene ritornare giù a casa con un pugno di mosche, dal lavoro nei telai a quello dei pozzi artesiani, in barba al fisico gracile, con tanta volontà. 

È intorno ai diciannove anni che rileva l’attività di un negozio di barbiere, e con quello si guadagna da vivere, fino al 1993, per sé e la sua famiglia; sarà questo un anno determinante nel suo percorso umano e artistico, perché una volta raggiunta la pensione, l’arte non sarà più ritagliata al di fuori dell’orario di lavoro, magari la notte, ma diverrà parte sostanziale di una nuova pagina della sua vita. 

Francesco ricorda ancora gli anni Novanta come un periodo di felice fermento per gli artisti di Agliana, idealmente identificabili con le attività del gruppo culturale “Il Mestolo” – ma una posizione di primo piano se la riconosce per un’altra fase ricca di emozioni artistiche, quella del Circolino degli anni Sessanta. Fu lui il pioniere che mostrò ai presenti un suo quadro, la soffitta di un artista, con una tela abbozzata e l’infinità di oggetti che non potevano esimersi dal popolarla. I commenti positivi suggerirono la possibilità di creare anche lì, ad Agliana, un gruppo di lavoro per radunare le capacità artistiche dei paesani, altrimenti disperse in mille rivoli. Questa situazione, con un gruppo che arrivò a contare quattordici aderenti, si protrasse dal ’67 al ’74, facendosi conoscere nel paese, in un contesto politico e culturale immancabilmente determinato dagli accadimenti bellici del mondo esterno – e ogni settimana non mancava l’occasione di organizzare una mostra estemporanea, ad Agliana o nei paesi vicini. 

Come ogni autodidatta Francesco ha impiegato una buona parte del suo tempo alla lettura e allo studio di un numero sempre crescente di libri e cataloghi sui suoi artisti preferiti – tra tutti Leonardo e Raffaello, ma anche Dalì, Picasso e De Chirico. Il suo tratto distintivo si è quindi risolto in un felice eclettismo, consentendogli con successo di saltare da una tecnica all’altra, dalla pittura al disegno a matita, all’incisione, al bassorilievo e alla scultura; una tecnica particolarmente emozionante è quella dell’intaglio di un foglio di carta “disegnato” per mezzo di incisioni e veri e propri tagli attraverso i quali si affaccia il colore dello sfondo, che può essere un ritaglio da una rivista o un lembo di tessuto. Oltre a questo Francesco ha anche collezionato vent’anni di fotografia in bianco e nero, perché, come dice lui, «in questo modo mi posso immaginare i colori».

 

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