Stefano Baldi – fondatore dello storico sito happydaysitalia.net

Stefano Baldi – fondatore dello storico sito happydaysitalia.net

di Marco Bagnoli. Foto: Gabriele Bellini.

giugno 2021

Ma ve li ricordate voi gli anni Cinquanta? Qualcuno ci sarà nato, qualcun altro ci avrà vissuto. Ma ci abbiamo vissuto tutti – quelli sì che erano giorni felici. Bastano due paroline e siamo di nuovo tutti là: Happy Days. 

Chi non si ricorda delle magiche ore trascorse in compagnia di Happy Days? Di sicuro se li ricorda Stefano Baldi, che va così fiero del suo juke-box autografato nientemeno che da Fonzie. Stefano è il fondatore di un qualcosa che non si sa bene come definire, perché non si tratta di un’associazione, e ancora meno di un fan-club. Stefano è il volto sorridente dietro ogni singola parola – e sono molte, credetemi – che costituiscono il sito internet di Happy Days Italia. Per parlarne dobbiamo riavvolgere la pellicola della memoria ai dolci tempi di quando ancora non c’erano i social, e il selfie era al massimo l’autoritratto di Van Gogh sul libro d’arte delle scuole medie: sto parlando del 1997. E sembra un giorno… Proprio allora, giusto all’indomani in pratica dell’avvento di Internet, Stefano decide di riversare nel mondo esterno tutto il suo amore fin lì privato riservato a Happy Days, e inizia a scrivere la prima delle oltre trecento pagine attualmente disponibili sul sito. Questo sito non ha finalità di lucro, assolutamente, non è necessario essere iscritto, non vengono nemmeno organizzati i tipici eventi sociali di un club (almeno per ora…): si tratta semplicemente di un contenitore di informazioni, foto, e ricordi, tanti ricordi. 

Ma voi, Happy Days, ve lo ricordate? La serie iniziò il 15 gennaio 1974 e per dieci anni conquistò i palinsesti statunitensi con il ricco assortimento umano di questi personaggi, così familiari da sembrare veri. E dire che molte cose sono state anche volute dal caso, come il fatto che alcuni attori abbiamo abbandonato il set della prima stagione, senza nemmeno sospettare l’incredibile successo che sarebbe venuto – o l’altrettanto inverosimile casualità che a volte ha contrassegnato altre scelte del cast: una su tutte, la scelta di Henry Winkler, alias Arthur Fonzarelli, per il ruolo appunto del carismatico meccanico, che venne convocato per la parte della sua vita proprio mentre aveva le valigie in mano per lasciare la città. Il nostro Stefano ha appena dieci anni quando nel 1977 si sintonizza per la prima volta su Rai Uno per la prima puntata della serie. E siccome ha la tivù, col tubo catodico, a colori, i suoi amici sono tutti da lui per seguire le avventure a tempo di Rock’n’roll. 

Ma ve lo ricordate il Rock’n’roll? La prima sigla era tutto un programma, “Rock around the clock” di Bill Haley and his Comets, il brano che nel 1954 elettrizzò tra gli altri anche quattro ragazzi di Liverpool che da grandi volevano fare i musicisti. Chissà se ci sono ancora pezzi così, pezzi che ti fanno venire voglia di ballare, anche in mezzo alle poltroncine del cinema dove si proietta magari “Il seme della violenza”, che aveva proprio “Rock around the clock” nella colonna sonora. La seconda sigla di Happy Days parlava proprio di giorni felici, giorni nei quali iniziare a sognare le ragazze in anni in cui questo, sul canale pubblico, era ancora una cosa non proprio raccomandabile. In Italia la serie è durata anche qui dieci anni, dieci anni nei quali i ragazzini del pubblico sono cresciuti e sono diventati grandi, e Stefano stesso si è fatto molti altri amici, tra i quali anche lo stesso Fonzie/Henry Winkler, e poi Ralph Malph, Potsie – solo Richie Cunningham, e cioè Ron Howard è riuscito a tenersi sempre alla larga dai fan, ma lui è diventato un grande regista e quindi gli perdoniamo anche questo. 

Tutto quanto il resto che volete sapere non ve lo diciamo adesso, ma ve lo racconterà Stefano, con le parole di un uomo innamorato come un bambino di un mondo che alle sette e dieci di sera si accendeva alla televisione, e subito dopo si spegneva, per seguitare a tenersi i suoi eroi negli occhi chiusi – senza telefonini, senza computer, e senza questo maledetto Covid che vuole convincerci che tutto quanto il bello della vita è rimasto indietro. …Heyy!

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