David Micheloni – direttore del gruppo bandistico “I Tigrotti”

David Micheloni – direttore del gruppo bandistico “I Tigrotti”

 

di Marco Bagnoli

marzo 2015

Dopo aver già dedicato un articolo alla storia della banda e un altro al direttore che  si è occupato della sua seconda fase, al volgere del nuovo millennio – il professor Pietro Scuccimarra – eccoci giunti alla terza puntata del regno Tigrotti: un’intervista al “nuovo” direttore, in sella dal 2012 e ormai più che preparato per raccontarci la sua personale impressione sull’ensemble e sulle persone che lo costituiscono. Anche perché, a ben vedere, poi tanto nuovo non è… (P.S: cliccate sul nostro sito se vi siete persi i capitoli precedenti!)

Sei di Agliana?

No, sono nato a Vaiano, dove tuttora vivo, dividendomi tra Schignano, Quarrata e Agliana.

C’era qualcun altro nella tua famiglia che suonava uno strumento, che possa in qualche modo averti influenzato?

Avevo un nonno che suonava alcuni strumenti a fiato e alcune tastiere; aveva il suo complesso col quale si esibiva dal vivo, e suonava anche nelle bande – ma in pratica non ho fatto in tempo a conoscerlo; comunque mi è stato tramandato nei ricordi e nei racconti dei familiari, oltre che in alcuni 33 giri di lirica che mi ha lasciato. E io così ho cominciato; sono nato musicalmente nella banda. All’età di sei anni avevo espresso il desiderio di suonare uno strumento e i miei genitori, sentito in giro per qualche insegnante, alla fine si rivolsero alla banda di Schignano, fondata nel 1880. E ancora una volta la banda ha dimostrato il suo valore nella diffusione della cultura musicale presso un’ampia fascia della popolazione, dal momento che già all’epoca aveva una sua scuola di musica, con un suo cospicuo corpo allievi, cui faceva lezioni regolari, tanto di teoria generale che delle tecniche specifiche degli strumenti bandistici. Dopo aver cambiato un paio di strumenti, sono approdato al clarinetto, che mi ha accompagnato fino al diploma di conservatorio. Ho fatto la Maturità nell’88 e nell’89 mi sono diplomato in clarinetto al conservatorio Cherubini di Firenze – da lì fino al 2006 in pratica ho vissuto di musica, come dovrebbe essere, mentre sono ormai alcuni anni che ho fatto ricorso al mio diploma di ragioniere, perché la musica da sola non era più sufficiente, lavorando prima in banca e poi come consulente aziendale. In questo c’è di nuovo l’elemento più artistico e quello puramente matematico che si rincontrano. 

Hai suonato in diverse formazioni, ma non hai mai lasciato la dimensione bandistica, giusto?

Sì esatto, mi sono occupato di musica da camera e di sinfonica, come il Quintetto Calamus, o l’Orchestra giovanile italiana, dove sono stato diretto da Globokar e Berio, mentre l’Orchestra da camera di Settignano, con la quale collaboro stabilmente, mi ha visto ricoprire anche il ruolo di solista, in collaborazione con la direttrice Johanna Knauff. Tuttavia non ho mai smesso di collaborare con le bande; quella di Schignano, un po’ la mia banda “di famiglia”, mi ha scelto come direttore ideale quando avevo appena 22 anni, che dirigo tutt’ora, nonostante le difficoltà tipiche delle bande – la mancanza di persone, di un certa continuità generazionale – mentre quella dei Tigrotti mi aveva già visto alla direzione per alcuni anni precedenti l’incarico del professor Scuccimarra. Inoltre ho fatto parte della banda dell’Esercito italiano, nel periodo del servizio di leva, che ho anche diretto. Oggi collaboro anche con la banda di Galciana e con la Filarmonica di Fiesole.

La banda dei Tigrotti mette in comunicazione le diverse generazioni in maniera esemplare…

Si, esatto. Ci sono diversi gruppi familiari rappresentati quasi per intero e c’è inoltre una collaborazione stretta tra i titolari – che sono ormai circa 45 – e i nuovi, i ragazzi che si iscrivono ai corsi di strumento e sono chiamati nel breve periodo a inserirsi nell’organico secondo le loro possibilità. Questo è molto bello, perché la musica diventa così un qualcosa di meno astratto, che si fa con gli altri per gli altri, come dovrebbe essere.

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