I.T.C. Aldo Capitini

I.T.C. Aldo Capitini

di Marco Bagnoli

maggio 2011

C’erano una volta gli anni settanta. Qua nella Piana erano gli anni del boom del mobile, del tessile, del vivaismo; e i figli di famiglia, assolti gli obblighi scolastici, trasferivano automaticamente le proprie energie nella ditta del babbo, o in quella del babbo di un loro coetaneo. Ripensandoci non ci tratteniamo dal pensare “come si stava meglio, quando si stava meglio”: noi tutti, oggi, melanconici ai pallidi lumi di luna, ci metteremmo la firma per tornare da dove siamo venuti. Eppure all’epoca tutto questo non andava: senza tanti giri di parole, la Piana pistoiese era un’area di bassa scolarizzazione. In soccorso dei poveri ragazzi che non potevano studiare, a cavallo fra il 1978 e il ‘79 inizia un progetto che parte da Pistoia, piccolo, ma importante: l’Istituto tecnico commerciale Pacini, data anche l’abbondanza delle iscrizioni, distacca ad Agliana quattro classi di Amministrativo, per un totale di 68 alunni. La sede è quella delle scuole medie Sestini, per forza di cose al pomeriggio. La cosa si fa.

L’anno successivo la situazione vede una serie di nuove iscrizioni, oltre, ovviamente, alle prime classi, adesso seconde. Sono inoltre distaccati le classi terze del Pacini con gli iscritti di Agliana, Quarrata, Montale e Prato; in questo momento storico, Agliana diviene succursale dell’ITC di San Marcello e la struttura è quella dell’attuale Richard Hotel, all’epoca ancora suddiviso in appartamenti liberamente a disposizione. Data l’affluenza si dovrà stabilire una vera e propria turnazione, mattina e pomeriggio. S’inizia il Commercio estero, gli iscritti sono 262. È il 1981 quando qualcosa comincia a succedere in via Goldoni: aumentano ancora gli iscritti, siamo a quota 386, in parte affluiti dall’I.T.C. Pagoni di Prato, che infatti, nel giro, di dieci anni si vedrà costretto a sdoppiarsi in due diverse sedi. La struttura di Agliana viene completata ed utilizzata poco per volta, per prima le aule di Amministrativo, nell’82 quelle assegnate al Commercio estero, finché nell’83 entrambi i plessi sono a pieno regime, per un totale di 526 alunni. La palazzina della Biblioteca Anna Marcesini è l’ex succursale del blocco principale, resasi superflua nel momento in cui l’ITC Pagoni di Prato, allargandosi, ha sottratto iscrizioni ad Agliana. Arriviamo così al 1984, un momento importante per l’Istituto di Agliana, perché ottiene la completa autonomia; gli iscritti sono 593. Passano un paio d’anni, prima che nel 1986 la scuola venga definitivamente intitolata ad Aldo Capitini, filosofo, politico ed educatore antifascista, che ottiene la preferenza sulla candidatura di Gherardo Nerucci, poeta montalese. Dalle 816 iscrizioni di quell’anno fondamentale – e fondante – si andrà sempre ad aumentare, fino al boom più fragoroso dai tempi di quei mitici anni settanta: 44 classi, 1004 iscritti nel 1989! A seguire una comprensibile inversione di tendenza, fino al minimo stoico del 1998, 22 classi per 471 alunni. Nel 1990 nasce il progetto Igea, che unisce le competenze amministrative a quelle più strettamente giuridiche, oltre alla comparsa di una seconda lingua straniera; sarà questo il corso-mangiatutto che poco per volta radunerà il grosso delle iscrizioni. Dal 2003 ad oggi, grazie anche ai nuovi indirizzi Erica e Sirio, il trend di presenze verte di nuovo al sereno soleggiato, fino ai 617 alunni di oggi. Bisogna anche tener presente il determinante calo di natalità: nel corso di trent’anni si è verificato un vero e proprio mutamento antropologico; e anche culturale (o almeno lo si spera). Come dire, se siamo così attaccati alle cifre, tanto valeva mandarli a lavorare.

Non è possibile riassumere la figura di Aldo Capitini se non per brevi essenziali cenni, che invitiamo caldamente ad approfondire. Nasce a Perugia nel 1899 da genitori di modesta estrazione. Si diploma ragioniere, prosegue da autodidatta nello studio dei classici greci e latini; la sua formazione letteraria e spirituale è quanto mai varia, dalla Bibbia a Kant, da D’Annunzio a Gandhi. Aderisce alle istanze della nonviolenza indiana, che lo porterà in seguito alla scelta del vegeterianesimo, quale forma ideale di rispetto per tutti gli esseri viventi. Ottiene nel ‘24 una borsa di studio presso la Normale di Pisa. È un fervido oppositore tanto del regime fascista che della Chiesa concordataria. Arrestato nel corso di una retata viene presto rilasciato grazie alla sua fama di religioso: “Quale tremenda accusa contro la religione, se il potere ha più paura dei rivoluzionari che dei religiosi”, avrà a dire. Estraneo alle logiche dei partiti, Capitini resta al di fuori della fase costituente, nonostante la sua indubbia levatura morale e civile. Nel dopoguerra sarà fautore dell’obiezione di coscienza alla leva militare. Nel ‘55 il suo libro “Religione Aperta” è messo all’Indice dei libri proibiti dalle autorità ecclesiastiche, con le quali la polemica non cesserà nemmeno dopo il Concilio. Domenica 24 settembre 1961 organizza la prima Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli, in occasione della quale viene adottata la Bandiera della Pace, simbolo dell’opposizione nonviolenta a tutte le guerre. Le sue idee camminano ancora oggi, più che mai.

 

Capitini Oggi

Abbiamo fatto quattro chiacchiere col preside, Santi Marroncini e con la figura storica del Capitini, Mario Managlia, segretario in pensione – ma solo da un anno. Passiamo rapidamente in rassegna i punti di merito di questo centro di eccellenza. Nel 2006 è stato il primo istituto della Toscana ad adottare il badge elettronico per gli studenti, che ne certifica la presenza all’ingresso principale. Un vero punto d’orgoglio, da spartire equamente con i ragazzi e le famiglie è il fatto che il Capitini non è mai stato privilegiato quanto a servizi pubblici e nonostante questo ha toccato i numeri che sappiamo – quindi in questo caso le cifre contano davvero, dato che misurano una febbrile volontà e determinazione, contro ogni faciloneria iperprotettiva e malsana della rincuorante scuola vicino casa. Oltre le cinque aule d’informatica, l’adozione del registro on-line e l’offerta formativa esaustivamente esposta nel sito dell’Istituto, la popolazione studentesca e la realtà familiare che si esprime in essa possono usufruire di un servizio interno di consulting, ovvero sia la possibilità di conferire con una psicanalista per i momenti più faticosi che possono capitare nella vita. E a quanto pare capitano eccome, quantomeno ai ragazzi, dato che il 5% di loro si rivolge allo sportello.

Quindi informatica, “emancipazione”, internet, dubbi angosce & patemi d‘animo: invitiamo i nostri ospiti, in questa presidenza che non fa più paura, a parlarci dei ragazzi. L’Istituto compie trent’anni, ma sono bastati gli ultimi dieci perché il mondo cambiasse del tutto: nel 2000 doveva ancora verificarsi tanto l’Undici Settembre che la prima edizione del Grande Fratello. Su questo non ci sono dubbi, dicono loro, è cambiato tutto, sono cambiati i ragazzi: una volta i quattordicenni erano timidi e imbranati, oggi sembrano inadatti soltanto nell’uso delle buone maniere. È la solita vecchia storia che loro hanno tutto e quindi alle volte rispondere male diventa l’unico diversivo. Una volta il Capitini era una grande famiglia, si conoscevano tutti ed erano tutti più uniti e anche se pure questo suona banale e ripetitivo, non si fatica ad ammettere che al giorno d’oggi i ragazzi sono più distanti. Sarà di nuovo colpa di internet, che ti porta il mondo in casa e porta te in giro per il mondo; sarà colpa della televisione, che impone i ragazzini fuori di testa come unico modello di consumatore ideale; sarà colpa delle famiglie, che rifondano i loro debiti di distanza con eccessive manciate di protezione, comunque e dovunque.
E ancora, sarà colpa delle regole, quelle che una volta facevano ridere e adesso nemmeno le si sta più a sentire, tanto non c’è nessuno che te le spiega. Sarà una semplice flessione nella curva ideale della maturazione adolescenziale; cent’anni fa a piantar grane erano i patrioti, poi le camicie da rosse son diventate nere, il ministro Gentile licenzia Capitini e noi vorremmo che tutto quello che il resto della società non fa – dio, patria, famiglia – se lo sobbarcasse la scuola pubblica, sessant’anni dopo l’Ipotesi di Calamandrei. Ecco, mettiamo il caso che avesse ragione…

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