Roberto Russo – il mio ricordo di “Vannino”

Roberto Russo – il mio ricordo di “Vannino”

di Marco Bagnoli

settembre 2025

A distanza di un paio di anni siamo tornati a trovare Roberto Russo, il giovane filmmaker dalla lunga esperienza, che si divide tra il mondo della TV e della pubblicità, e quello altrettanto stimolante dell’insegnamento. Il cinema resta in lui, come una linfa sempreverde che lo alimenta, da quando era bambino e si perdeva nei film fantasy e di fantascienza, o come quella volta che a soli venticinque anni si mise dietro e davanti la macchina da presa per girare il suo primo film, “Tele-Visioni”, una “pellicola” di 120 minuti costata appena 4.000 euro. Sono passati un paio d’anni, e alcune cose restano sempre le stesse, come la passione di Roberto per la sua arte, lo abbiamo detto, come lo Yoda scolpito nel legno al riparo della siepe in giardino. Alcune cose sono cambiate, invece: il babbo Rosario non ha più tempo di realizzare sculture “nerd” con le sue mani magiche, perché adesso c’è un nipotino di due anni a riempire ogni cosa. E quindi il tempo libero anche per Roberto sembra assottigliarsi sempre più, ma che bello che sia così!

E nel frattempo, anche Alessandro Egidio Gori se n’è andato. Roberto ci riflette un attimo, e poi conclude di essere stato il primo che si sia preso la briga, in tanti e tanti anni, di fare un filmato a Vannino, un’intervista, forse anche solo di voler passare del tempo con lui. Perché dalla strada, quando si passava in macchina, Alessandro era solo Vannino: un omone piantato come un tronco, burbero ma simpatico, che rispondeva al saluto e ti guardava sfrecciare via. Ma a starci vicino, a guardarlo negli occhi, ci torna in mente la dignità che luccica ancora sotto tutta quella fuliggine, la dignità di una persona, al di sotto del personaggio che Alessandro si tirava dietro. E del resto tutti noi abbiamo la nostra maschera, il copione per la nostra parte in commedia, grande o piccola che sia. Nel 2015, dieci anni fa, Roberto si concesse una settimana di baldoria, tutta vita: agguantò la macchina da presa, si mise d’accordo con un paio di ragazzi per la ripresa audio, e partì per Le Querci. E Le Querci sono un luogo mitico, senza un tesoro tra le spire del drago, ma con un gigante vestito di poco o niente, che fa il fuoco in casa, fuma le sue sigarette, e si gode la sua libertà. Quello della libertà è un tema centrale nel discorso su Vannino, “Signora Libertà Signorina Anarchia”, come diceva De André. Perché forse è proprio la libertà che la gente vedeva in Vannino, come un simbolo di liberazione, via dai legacci della società, del buon senso, del vivere “civile”. Eppure era amato, a cominciare dal suo amico Gerardo, come un fratello.

Lo si vedeva nei gesti d’affetto e di considerazione di cui era circondato, dal caffè offerto al bar al sacchetto con la frutta e la verdura al mercato. Le persone erano felici di dare, e Vannino faceva loro dono della bellezza di donare. E tutto questo affetto lo si vide ancor di più concentrato nel giorno del suo funerale: tantissima gente, molti in lacrime, come se fosse sparito il monito alle loro esistenze del diritto alla felicità. Perché certo lui era consapevole e soddisfatto nella sua scelta. Con lui spariva il lume della candela che indicava una possibile alternativa a questo mondo del denaro. E di nuovo “Addio… con te se ne parte la primavera”. Qualche tempo dopo la pubblicazione del video di Roberto, nel maggio del 2021, all’epoca del trasferimento forzoso di Alessandro nella struttura del Villone Puccini, un gruppo di videomaker nazionali attivi da un po’ di anni, The Pillow, realizzò una propria intervista a Vannino, intitolata proprio “Vivere senza soldi”. Ad oggi questo episodio girato a Le Querci ha totalizzato un milione e 400.000 visualizzazioni.

E di chi è il merito? Anche Roberto aveva dei bei progetti sul suo compagno con la barba: avrebbe voluto girare la storia di Alessandro, intercalata dalle immagini del suo passato ricreate con dei disegni animati. Avrebbe voluto riprendere a beneficiare del tempo e della compagnia che Vannino gli concedeva, per farlo raccontare ancora di sé, e del mondo, per come lo vedeva, e per come si vedeva. E lui si vedeva bene, si piaceva, era pago della sua sorte, indomito nel sole e nel gelo. Ma poi si sa, le cose belle sono belle proprio perché finiscono. E nonostante tutto, Vannino era bello. A gennaio saranno tre anni che non c’è più. Resta solo un murales, un qualcosa di eroico, e qualche meritoria manifestazione in sua memoria ad Agliana.

Beato il Paese che non ha bisogno di eroi, ma con eroi come lui ci staremmo ancora volentieri, anche solo il tempo di una sigaretta.

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