I vecchi lavatoi – un patrimonio da valorizzare

I vecchi lavatoi – un patrimonio da valorizzare

di David Colzi

marzo 2025

Ancora una volta cercheremo di dare il nostro contributo alla valorizzazione del territorio, occupandoci in questo numero dei vecchi lavatoi.

Montale, si sa, è terra di fiumi, serre e gore, che servivano ad alimentare i numerosi mulini e dissetare i campi. Rivoli e fossi venivano riforniti con i sistemi delle chiuse e tutto questo complesso sistema di regolamentazione idraulica, ha consentito nel tempo la costruzione di diversi lavatoi privati e pubblici. Oltre a questo, alcuni sono stati edificati proprio nelle vicinanze di sorgenti o polle sotterranee, dalle quali si approvvigionavano direttamente. Noi ne abbiamo visitati alcuni, i più noti, certi del fatto che ce ne sono altri, e magari potreste segnalarceli proprio voi, cari lettori, documentando il tutto con una foto e inviandola a redazione@noidiqua.it.

Cominciamo con i due meglio conservanti e ancora funzionanti: il primo è quello di Striglianella, che ci regala un vero e proprio angolo di Valle D’Aosta, impreziosito com’è da vasi di fiori (1). Da segnalare che si trova dall’altra parte della strada rispetto ad un antico mulino del 1300, uno dei pochi sopravvissuti alla demolizione. Questo lavatoio è inoltre l’unico fra quelli visti, che non ha subito l’orribile sfregio della massiccia copertura postuma in cemento, la quale ha trasformato talvolta l’antica struttura in una specie di bunker, soprattutto se vista dall’esterno (2-4). Bello è anche quello situato sotto il gruppo di case di via Picchioni e Casellina a Tobbiana. Qui, in più, c’è al fianco un tabernacolo con fontanina (5). I due appena citati sono immersi nel verde e nel silenzio: questo, assieme allo scialacquio dell’acqua, rende la loro visita particolarmente suggestiva.

Diametralmente opposte sono le condizioni di quello di Fognano, in via Carlo Marx, direzione Scali (2). All’asciutto e in pieno degrado, meriterebbe di essere recuperato e riaperto. Qui è interessante il canale in pietra per l’approvvigionamento che corre sotto la strada, oggi privo di acqua e pieno di erbacce. Un restauro sarebbe necessario pure per quello di Tobbiana centro, anch’esso chiuso, in via Atto Vannuci (3). All’interno, non solo non c’è più acqua, ma la vasca è piena di terra ed erbacce. La sua particolarità è che, a differenza di quello via Picchioni e Casellina, ha il tabernacolo interno, posizionato fra il lavatoio e la gora. Nel medesimo stato di salute e interdetto al pubblico, versa quello di Montale centro, sotto il ponte di Malcàlo, a due passi dalla ex casa di Gherardo Nerucci (4). Come già detto è fra i meno gradevoli, visto come appare dalla strada.

Un articolo a parte lo meriterebbero poi i demoliti, come quelli a fianco degli antichi mulini, dei quali, oltre a condividerne l’acqua, ne hanno condiviso la sorte. Sono andati inoltre persi quelli privati, situati nei reticoli minori e disseminati fra i campi, talvolta formati da una semplice pietra liscia posizionata su uno slargo, giusto per permettere alle donne di lavare i panni più piccoli. Oggi solo le persone di una certa età ne sanno riconoscere i resti, scrutando fra i ciottoli dei fossi. Noi ne abbiamo intravisto uno in via Alfieri a Stazione, grazie a una signora del luogo.

In conclusione, ciò che resta di questo patrimonio passato, meriterebbe di essere accuratamente censito, recuperato e poi riportato all’attenzione dei montalesi, in quanto parte dell’identità culturale della collettività.

 

Per le informazioni si ringraziano: Bruno Tempestini e Andrea Bolognesi

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