Che “GENERE” di favole?

Che “GENERE” di favole?

di Carlo Rossetti

marzo 2025

“C’erano una volta le favole di una volta”.

Potremmo iniziare così il nostro discorso, ammiccando, con un gioco di parole, al classico inizio di ogni fiaba. Pare infatti che oggi non ci sia più spazio per molte delle novelle con le quali sono cresciuti generazioni di bambini; o per lo meno, c’è la convinzione diffusa che queste non vadano più bene così come sono, e che necessitino di qualche aggiustatina, per renderle, usando un termine tanto amato, politically correct. Altre storie invece sono state proprio bandite in quanto diseducative, fra cui alcuni cartoni animati della Disney. In questo nostro spazio anche noi non vogliamo sottrarci al sacro dovere di informare e quindi vi sottoporremo l’Indice delle opere blasfeme, agendo come una moderna Censura Librorum. Prima dei libri però occupiamoci dei lungometraggi. Prendete carta e penna.

Cominciamo subito dicendo che secondo il buon senso vigente, uno dei classici Disney, Dumbo – l’elefante volante è razzista. Come? Direte voi. Ebbene sì, pare che in un brano della colonna sonora ci sia una frase denigratoria che riguarderebbe gli schiavi afroamericani. Razzisti sono Gli Aristogatti, perché lì si rappresenta uno dei randagi suonatori, il siamese Shun Gon, come un orientale dai tratti caricaturali, con i dentoni e le bacchette. Veramente irrispettoso. Il massimo lo si raggiunge con Peter Pan, che offende i nativi americani, perché non li definisce come tali, ma bensì “pellirosse”. Va però detto che nel cartone viene anche usato il termine “viso pallido”… quindi ci dovremmo offendere noi? Chissà. Ma c’è di peggio. Una delle scene più iconiche del primo film Disney, Biancaneve e i sette nani, quella finale, quando il principe sveglia la sua amata con un bacio, pare rappresenti una violenza fisica, in quanto Biancaneve, dormendo, non dà il consenso all’unione delle loro labbra. C’è comunque da dire che lei, offesa da tale gesto, potrebbe tranquillamente trascinare in tribunale il principe, forte del fatto di avere sette testimoni presenti durante l’aggressione. Per carità, non diciamo di essere al livello di “Arancia meccanica”, ma poco ci manca.

Rimanendo in ambito televisivo, ma andando verso gli sceneggiati, in anni recenti la scure si è abbattuta persino su Pippi calzelunghe, rea anch’essa di promuovere concetti razzisti, a causa di termini poco edificanti riferiti a persone di colore. Tempo fa in Germania se ne sono occupati a livello politico. Secondo noi però, in Pippi c’è di più. Pensateci bene: abita da sola, non va a scuola, è manesca, sperpera i soldi in dolci e veste la sua scimmietta come una persona. Insomma ci sono gli estremi per coinvolgere le forze dell’ordine, i servizi sociali e persino l’Ente Nazionale Protezione Animali. Altro che “Mare fuori”.

Con queste premesse sugli stereotipi di genere, è chiaro il motivo per cui una scuola materna di Barcellona, qualche anno fa, ha bandito dalla sua biblioteca Cappuccetto rosso, che riportandola alla morale di oggi è paragonabile ad una sorta di “Pulp fiction” per bambini… in più, sessista. A questi patti dovremmo dunque affermare che sbagliava il grande scrittore siciliano Gesualdo Bufalino, quando diceva che la fiaba è l’incontro fra un incantesimo e uno spavento.

Si dirà che queste sono congetture esagerate, alimentate dai tempi che corrono e dalle chiacchiere sui social, senza alcuna valenza scientifica. E invece, sul tema principesse, si sono scomodati pure degli accademici. è recente la notizia di un gruppo di ricercatori dell’università di Twente, in Olanda, che ha fatto una simulazione sui rischi della salute delle nostre amate beniamine scoprendo cose sconcertanti, tipo che la principessa Aurora, protagonista della Bella Addormentata, a causa del lungo sonno provocato dalla puntura del fuso di un arcolaio, potrebbe incorrere in malattie cardiovascolari, ictus, obesità e diabete. A salvarla da tutto questo, ci sarebbe solo il bacio del principe, che però, come nel caso di Biancaneve, non sarebbe consensuale in quanto lei giace priva di sensi… e si ricomincia daccapo! La ricerca passa in rassegna altre protagoniste con i loro malanni: dalla solitudine di Jasmine di Aladin, alla salute polmonare di Cenerentola, dal rischio di alopecia da trazione di Raperonzolo, fino alle fratture multiple di Pocahontas che si lancia dalla scogliera. Più che favole, tragedie.

Ci stupisce che in questo repulisti manchi un grande classico della letteratura per ragazzi, Pinocchio di Collodi. Al riguardo daremo noi il nostro contributo, conoscendo bene la fiaba, dopo averla letta innumerevoli volte. Innanzitutto Pinocchio è a tutti gli effetti un bullo, che non va a scuola, non dà ascolto al padre, maltratta gli animali (si pensi al povero grillo parlante schiacciato) e frequenta ragazzi poco raccomandabili come Lucignolo. Poi soffre di Mitomania, essendo un bugiardo patologico. Non ci siamo proprio. Potremmo pure affermare che se stanno così le cose, bisognerebbe mettere al rogo anche un altro libro di formazione a noi molto caro, I ragazzi della via Pál, di Ferenc Molnár, perché qui si invita i ragazzi a formare una gang per rivaleggiare con i propri simili. Roba da trapper.

Come avrete capito non va meglio nel mondo dei romanzi, perché pure qui il seme velenoso dell’intolleranza e della diseducazione germoglia fra le pagine di volumi insospettabili, tipo quelli di Agatha Christie, con i suoi Poirot e Miss Marple, dove pare compaiano frasi ed epiteti ritenuti offensivi per altre etnie o gruppi religiosi. Stessa cosa accade dentro le avventure del celebre agente 007 di Ian Flening. Nei casi appena citati gli editori si sono adoperati a ripubblicare, dopo aver fatto le dovute correzioni e ripuliture, sempre nel segno del politicamente corretto.

A questa moda, o nuova sensibilità se preferite, si sono accodati anche i registi. Così il recente film sulla Sirenetta, che riprende fedelmente il cartone animato Disney del 1989, vede la protagonista Ariel interpretata da un’attrice dalla carnagione decisamente più scura rispetto a quella diafana del cartone. Per capire questo nuovo fenomeno ci viene in soccorso l’inglese, che lo definisce “blackwashing”. In pratica si tratta, come spiega Wikipedia, di “una pratica dell’industria cinematografica in cui un attore di origine africana ottiene il ruolo di un personaggio storicamente di un’altra etnia”. L’apoteosi di ciò si è vista nel remake di Cenerentola del 2021, in cui la parte della fata madrina è stata affidata a un uomo afroamericano dichiaratamente omosessuale, dall’aspetto genderfluido. Il massimo dell’inclusione.

Per fortuna, a farci uscire dal guado del nostro oscuro passato, c’è tutta una nuova generazione di scrittori e scrittrici, italiani e non, che pubblicano nuove fiabe e racconti per i bimbi di oggi, aiutandoli a diventare adulti migliori domani, insegnandogli la comprensione e l’apertura mentale. Ne siamo lieti, però dobbiamo dire in tutta onestà, che noi cresciuti con i fratelli Grimm e affini, non siamo diventati tutti sociopatici, segno che le fiabe di una volta, non sono proprio da buttare.

FINE

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