Atto Vannucci

Atto Vannucci

di Marco Bagnoli

agosto 2011

Nacque a Tobbiana, il 30 dicembre 1810. All’età di quindici anni entrò nel Seminario di Pistoia, dove studiò col maestro Giuseppe Silvestri; fu proprio questi a volerlo con sé a Prato nel 1831, quando venne chiamato a dirigere il Collegio Cicognini. L’ex allievo, appena ventenne, si vide quindi affidare prima la cattedra di Umanità, quindi quella di Cronologia e storia universale. A Prato il Vannucci ebbe modo di prendere contatto con l’ambiente culturale della città, frequentando in particolare il salotto dell’avvocato Benini. Quelle stesse inclinazioni liberali saranno poi elemento essenziale del suo successivo percorso pastorale, in seguito all’ordinazione sacerdotale di cui fu investito nel 1834. Accanto alla sua attività didattica e pedagogica, Atto Vannucci portò avanti anche un’assidua ricerca storiografica, che lo porterà a veder pubblicata una serie di biografie di personaggi illustri del passato. È in questo senso che diviene il collaboratore ideale, se non proprio l’ideatore determinante, della Collezione dei classici latini con commenti italiani per la scuola, edita dalla Tipografia Aldina di Prato. Si occupò tra gli altri di Ovidio, Catullo, Fedro, Tacito e Sallustio.

Col tempo, i confini dell’ambiente cittadino e le fatiche degli studi e dell’insegnamento iniziarono a farsi sentire sempre più: prese allora l’abitudine d’intraprendere dei lunghi viaggi, alla ricerca di nuove amicizie e nuove frontiere culturali. Iniziò da Firenze, nel ’34, dove entrò in contatto col giro del Vieusseux; tre anni dopo lo troviamo nella Milano degli Asburgo, quindi a Roma nel ’38 e infine, nel 1843, a Parigi, terra di asilo dei primi patrioti italiani. Non a caso quello stesso anno il Vannucci viene inquisito dalla polizia austriaca e da quella granducale, per sospetta adesione, se non addirittura affiliazione, alle istanze della Giovane Italia mazziniana; tuttavia nulla emerse a suo carico. Per fortuna.

La sua attiva partecipazione al movimento risorgimentale continuò così indisturbata, tanto nella forma del diretto impegno politico quanto in una costante attività culturale (vedi la collaborazione con le riviste della militanza patriota e la pubblicazione di una serie di biografie di carbonari ed esiliati politici, uno su tutti il pistoiese Bartolomeo Sestini). E’ il medesimo fervore che anima le pagine di uno dei suoi libri più famosi, I martiri della libertà italiana. Poi ci fu il ’48. Un momento di svolta per tutti, lui compreso. All’inizio dell’anno viene nominato Accademico della Crusca. Ben presto però, partecipando attivamente a quel periodo di riforme e speranze che avevano come fine l’unità nazionale, si dedicò completamente all’attività politica e giornalistica scrivendo su quelle riviste che, approfittando della libertà di stampa concessa in Toscana nel maggio di quell’anno, lottavano per affermare e realizzare queste nuove idee: di una di queste, L’Alba, fu anche direttore.

Nel febbraio 1849 il Granduca si vide costretto alla fuga e venne a costituirsi il governo provvisorio guidato dal Guerrazzi; al Vannucci venne quindi affidato il governo della città di Prato, assieme a Giuseppe Campani ed Augusto Carradori. In seguito ricevette l’incarico di inviato del governo toscano presso la Repubblica romana. Seguì prevedibile, ma non per questo meno inesorabile, la restaurazione granducale e il Vannucci si vide costretto a riparare in Francia; dal luglio del ’50 fu per alcuni mesi a Brighton, vicino Londra. Tornò di nuovo a Parigi e nell’ottobre del 1852 accettò l’incarico di un liceo di Lugano, dove iniziò ad insegnare storia. Il periodo dell’esilio segna un ritorno alle sue originarie passioni: lo studio e la scrittura. Vedono la luce opere come Studi storici e morali sulla letteratura latina e soprattutto la Storia dell’Italia antica, testi che lo collocano fra i grandi storici del nostro paese. Rientra in Toscana alla fine del 1854, persistette nel suo ritiro dalle cose della politica, fino a che, nel 1857, torna in campo sulle pagine della rivista di Firenze, in prima linea sulla vertenza dell’unità italiana e dell’unione dei vari stati regionali al Piemonte savoiardo.

Nel 1859 partecipa ai lavori dell’assemblea costituente toscana e l’anno seguente viene eletto deputato di Firenze al primo parlamento italiano; il 9 ottobre del ’65 fu chiamato a far parte del Senato del Regno. Nel frattempo, il sentiero avventuroso del Risorgimento patrio aveva finito col condurlo su posizioni decisamente differenti da quelle della stagione del 1848-49: allo stesso modo di molti altri protagonisti della militanza unitaria, adesso il Vannucci andava staccandosi dalla linea mazziniana per avvicinarsi a quella di Cavour. Sono di nuovo i suoi indiscussi meriti letterari a consegnare serenità a queste complicazioni della sua vita pubblica: nel 1859 viene nominato bibliotecario della Magliabechiana e riceve l’incarico di professore di Letteratura latina all’Istituto di studi superiori di Firenze, dal quale poi prenderà vita l’attuale Università. Giunto al termine della sua vita, Atto Vannucci si ritrovò affetto da una irreversibile sordità, che unita alla vecchia sofferenza della vista lo costringerà in casa per la maggior parte del tempo, intristendo gli ultimi anni con una desolante solitudine. Muore il 10 giugno del 1883; per sua volontà viene sepolto nel cimitero di San Miniato al Monte. Gli amici gli dedicano un monumento in Santa Croce, in memoria di uno dei tanti grandi d’Italia.

 

 

Giacomo Bini

Le celebrazioni per il bicentenario della nascita di Atto Vannucci, promosse dal Comune di Montale e con la partecipazione dell’Associazione Storia e Città, sono iniziate il 10 dicembre 2010 con l’affissione di una targa ricordo sulla facciata della casa natale a Tobbiana e proseguiranno per tutto il 2011. Oltre alla scopertura della targa, preceduta da un breve discorso dello storico Giorgio Petracchi, c’è stata l’inaugurazione di una mostra su Vannucci e il paese di Tobbiana curata da Andrea Bolognesi. Il programma prevede un convegno, che si terrà il 30 settembre e il 1° ottobre al Seminario di Pistoia e, nella giornata conclusiva, alla villa Smilea. Il convegno traccerà un profilo di Vannucci: dalla sua formazione al suo impegno politico nel risorgimento e nella costruzione dell’Italia unita. E’ prevista anche la pubblicazione, a cura di Andrea Bolognesi, delle lettere di Atto Vannucci ad Enrico Bindi. Verrà anche risistemata la tomba monumentale di Vannucci nel cimitero di San Miniato a Monte di Firenze. Il Comitato Scientifico delle celebrazioni comprende, oltre all’assessore alla cultura del Comune di Montale Dino Polvani, Giorgio Petracchi, dell’Università di Udine, Fulvio Conti e Felicita Audisio dell’Università di Firenze, Giovanni Capecchi dell’Università per Stranieri di Perugia, Claudio Rosati, dirigente dal settore musei della Regione Toscana, Andrea Bolognesi e Giacomo Bini. Le celebrazioni hanno avuto il patrocinio della presidenza del consiglio, del ministero per i beni culturali, della regione Toscana e della provincia di Pistoia. Il Presidente della Repubblica ha inviato una targa. La Fondazione Caript ha dato un contributo economico determinante. Il logo del bicentenario è stato realizzato dall’artista di Tobbiana Francesca Nesi.

 

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