Intitolato giardino a don Sergio Domeniconi

Intitolato giardino a don Sergio Domeniconi

di Giacomo Bini

marzo 2021

L’intitolazione a don Sergio Domeniconi del giardino della Badia, inaugurato il 6 febbraio scorso, è un modo doveroso con cui la comunità di Montale ricorda un parroco amatissimo da tutti, credenti e non credenti, per la sua umanità, cordialità e irresistibile simpatia. 

Don Sergio è stato parroco di Montale per 27 anni, dal 1982 fino alla morte avvenuta nel 2009. Tra i tanti gesti di generosità dell’ex parroco va ricordato il lascito di 100mila euro per le famiglie povere, assegnato per sua volontà, metà alla parrocchia di Montale e metà all’amministrazione comunale. L’iniziativa dell’intitolazione a don Sergio dei giardini della Badia, partita dal gruppo consiliare Centrodestra per Montale, è stata approvata in modo convinto e unanime dall’intero consiglio comunale. Le motivazioni sono state ricordate durante la cerimonia di inaugurazione dal sindaco Ferdinando Betti e dal vice-presidente del consiglio comunale Adriano Borchi che ha sottolineato come don Sergio sia stato un punto di riferimento per tutti e non solo per chi frequentava la chiesa e che gli si deve la fondazione del centro estivo per i bambini. Erano presenti don Agostino, in sostituzione del parroco di Montale don Paolo impegnato in un funerale, e il parroco di Fognano don Cristoforo Dabrowsky che ha impartito la benedizione. 

Alla cerimonia era presente anche il fratello di don Sergio, Carlo Domeniconi, che in un breve cenno di saluto ha trovato però il modo di ricordare due gustosissimi episodi della vita pastorale dell’ex parroco che bene illustrano l’umanità e la giovialità del carattere che erano propri di don Sergio. I due episodi si riferiscono al periodo in cui don Domeniconi era parroco di Marliana, prima cioè del periodo montalese. 

«Una volta» ha raccontato Carlo Domeniconi «mio fratello cadde da una scala su cui era salito per fare una riparazione in chiesa e si ruppe un paio di costole. Vicino alla scala c’era un grande crocifisso appeso al muro e Sergio mi disse sorridendo: “Però mentre cadevo giù, poteva anche allungare una mano per sostenermi!”». 

Un’altra volta, sempre a Marliana, venne in visita il vescovo e mio fratello, che si vede se n’era dimenticato, all’arrivo del monsignore era al bar in piazza a giocare a carte. Il vescovo quando arrivò in canonica trovò solo la perpetua che gli disse che don Sergio era in piazza. Il vescovo allora si diresse verso la piazza e qualcuno al bar avvertì don Sergio che si affrettò a nascondere i mazzi di carte e il quartino di vino che erano sul tavolo. All’ingresso del vescovo nel locale don Sergio gli disse che era dovuto andare lì per cercare qualche uomo robusto per portare la statua della madonna nella processione. Mentre si apprestava ad uscire al fianco del vescovo il barista, a cui non era stato pagato il vino, gridò: “Parroco, e il quarto?” , al che don Sergio rispose prontamente: “Il quarto è onora il padre e la madre, te lo dimentichi sempre”».

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