Mario Scavuzzo – Maestro del Corpo Musicale “G.Verdi” di Fognano

Mario Scavuzzo – Maestro del Corpo Musicale “G.Verdi” di Fognano

di Marco Bagnoli

maggio 2013

Si sa, il postino suona sempre due volte e soprattutto questa volta, dato che siamo tornati nei locali delle poste a intervistare il Maestro del Corpo Musicale di Fognano, dopo aver già parlato della “Banda” nel numero 2 del 2012. Mario Scavuzzo è nato a Crotone, ma dall’età di quattro anni vive a Prato, con la famiglia. Il primo incontro con la musica avviene quando Mario ha solo sei anni, complice la cornice familiare, col babbo fisarmonicista e la casa frequentata da musicisti e appassionati; tornando a casa da scuola, non mancava mai una visita alla vetrina del Cianchi, lo storico negozio di Prato vicino al Castello dell’imperatore, coi suoi clarinetti dritti in piedi come tanti razzi pronti a volare verso altri mondi.

Chiedere a un musicista perché abbia scelto il suo strumento può portare a scoperte impensate oppure disarmanti, come il sassofonista che sceglie l’ottone perché luccica – ma nel caso di Mario torna di nuovo l’influenza paterna: fino a una quarantina d’anni fa era ancora uso, nel meridione, dimostrare la purezza del sentimento amoroso con l’offerta di un’inaspettata serenata, previa l’amichevole complicità di musicisti di prim’ordine, come nel caso del padre del nostro Mario. Ebbene, producendosi per l’occasione nel ruolo di chitarrista, il futuro papà si era ripromesso di destinare all’eventuale figlio l’augusto sentiero del clarinetto, lo strumento solista di quelle raccolte performances notturne. E clarinetto fu.

Mario inizia gli studi alla scuola di musica Giuseppe Verdi di Prato, col Maestro Michele De Vicario, si diploma in solfeggio e, una volta conseguita la licenza media, s’iscrive all’Istituto musicale pareggiato «Luigi Boccherini» di Lucca,  con l’intenzione di fare sul serio – e del resto non avrebbe potuto essere diverso, se già a sette anni faceva parte della Banda Chiti della sua città. Fare sul serio significava almeno sette ore di studio al giorno, ma la famosa bicicletta bisogna pedalarla – per Mario sono sette anni nel tempo di quattro. Si diploma nel 1985 col massimo dei voti, appena maggiorenne e quindi giusto giusto per partire militare. Il suo obiettivo è insegnare, una volontà testimoniata dai fatti, visto che a quindici anni, nel pieno del suo percorso di studi, prendeva l’autobus fino a Campi per arrotondare qualche migliaio di lire con delle lezioni nelle scuole di banda. Era una mossa che guardava lontano, se già al momento del suo diploma la situazione lavorativa per i musicisti professionisti non era molto migliore di quella di oggi. Appena congedato da militare cerca subito un posto come Maestro di banda: dirige per una anno quella di Lucciana, quindi in quella di Galciana, dove insegnava anche nella locale scuola di musica.

Nel 1988 avviene un altro incontro fondamentale, almeno per la maggior parte di noi che stiamo leggendo: diventa il Maestro del Corpo musicale Giuseppe Verdi di Fognano. Fatti i suoi conti, il giovane Maestro Scavuzzo opta per un’ottimizzazione degli sforzi: lascia le altre scuole e prosegue nel sodalizio con la nostra formazione. Una scelta motivata anche dalla familiare cordialità della situazione, con persone amabili senza altro interesse che l’amore per la musica. I suoi allievi di oggi raggruppano diverse generazioni, alcuni molto piccoli, altri che sfilano già con l’uniforme della banda, dove i legami affettivi nascono e si rinnovano. Ma per quale motivo qualcuno dovrebbe mettersi in testa di voler suonare della musica? Risponde il Maestro: «Perché è un modo costruttivo di impiegare il tempo, addolcisce il carattere, insegna a sentirsi una parte dell’insieme, dove ciascuno ha la sua importanza, anche perché, salvo rare eccezioni, nessuna persona è veramente inadatta a suonare uno strumento, ognuno può essere aiutato a contribuire all’edificazione di quel monumento della comunità che per definizione è una banda musicale».
Mario è sposato con Barbara dal 1989; i loro figli, Mattia, Gioele e Azaria continuano la partitura familiare suonando uno strumento – come sempre liberamente, seguendo la passione quando si fa sentire.

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