di Alessandro Pratesi
marzo 2025
Il Sole 24Ore, il principale quotidiano economico finanziario italiano, ha confermato un fatto già accennato su queste pagine, ossia che la tassazione delle persone fisiche presenta significative sperequazioni. È significativa, ad esempio, la differenza, in termini di tassazione Irpef, tra dipendenti e autonomi fino a 50.000 euro di reddito, con i primi che subiscono, per effetto delle detrazioni e per il taglio del cuneo fiscale, un’aliquota media di tassazione inferiore. Dunque, è fuori luogo la narrazione, spesso impropriamente usata, che a parità di reddito imponibile, i lavoratori autonomi guadagnano di più rispetto ai dipendenti.
Tale divario assume anche un’altra caratterizzazione nella platea dei lavoratori autonomi, con significativo vantaggio a favore dei cosiddetti “forfettari”: superati i 15.000 euro di reddito, il vantaggio di chi ha scelto l’imposta sostitutiva del 15% diventa sempre maggiore rispetto ai colleghi che – a causa di costi di struttura significativi – pagano le imposte in base agli scaglioni progressivi Irpef. Si noti, fra l’altro, che non tutti possono accedere al regime forfettario che, a parere di chi scrive, dovrebbe essere applicato solo ai giovani o a chi inizia l’attività e, in ogni caso, non oltre 5 anni, al fine di evitare un iniquo vantaggio fiscale. Proseguendo il parallelismo fra dipendenti e forfettari, i primi, fino a 30.000 euro, ancora per effetto delle detrazioni e del taglio del cuneo fiscale, subiscono una tassazione inferiore al 15%, mentre lo spartiacque avviene con un reddito di poco superiore, nello specifico 30.565 euro.
Sono le principali dinamiche mostrate dalle tabelle di confronto pubblicate su Il Sole 24Ore, che dimostrano – in modo oggettivo e asettico – quanto si sia distanti dall’obiettivo di equità fiscale che rappresenta uno dei principali obiettivi della legge delega di riforma dell’ordinamento tributario, ossia la legge n. 111/2023. Vero è che per giudicare la bontà di una legge serve un arco temporale di medio – lungo periodo; tuttavia, i primi risultati non sembrano essere quelli auspicati.
Un fatto, comunque, appare certo: arrivare per tutte le tipologie di reddito (impresa, lavoro autonomo, dipendente, ecc.) a un’aliquota unica, con una diminuzione del carico fiscale sui redditi medi, mantenendo la progressività mediante le detrazioni, appare pressoché impossibile. Decenni di sprechi delle risorse pubbliche hanno causato un danno enorme alle casse dello Stato e pensare di poter rimediare in breve tempo è pura utopia, soprattutto considerando un aspetto non trascurabile: con gli attuali ritmi di crescita del PIL, il peso degli interessi sul debito pubblico non consente di alimentare significative aspettative della riduzione della pressione fiscale. Come sosteneva Ennio Flaiano, ahinoi, la situazione è grave, ma non è seria. Le colpe, purtroppo, hanno radici lontane, e nessun governo può ritenersi esente da responsabilità.