di Giacomo Bini
settembre 2025
Non stupisce che gli artisti abbiano uno sguardo quasi profetico e così è stato anche per Andrea Dami, l’autore tra le molte altre opere delle famose sculture sonore alcune delle quali sono ospitate anche a villa Smilea a Montale. Deceduto due anni fa in un incidente stradale insieme alla moglie Anna Venturi, Dami aveva scelto la farfalla come simbolo della sua arte e della sua vita e nel 2018, nella prefazione ad una preziosa pubblicazione da lui curata di alcune poesie inedite di Piero Bigongiari, scriveva delle parole che oggi, a distanza di sette anni e con gli eventi tragici che affollano le cronache quotidiane del nostro tempo, assumono a nostro parere il valore di una interpretazione del presente e di una speranza per il futuro.
La farfalla, scrive Dami, “è il confine tra l’uomo di oggi e quello che spero diventi quando riuscirà ad asciugarsi, alla luce della ragione, le ali intrise di sangue e segnate dalle atrocità che avvengono quotidianamente, per librarsi in un volo gioioso”. I temi racchiusi in queste poche righe riassumono tutta l’esperienza artistica di Andrea Dami ma anche la condizione dell’uomo contemporaneo. In primo luogo il tema del confine, simboleggiato anche per Bigongiari dalla farfalla, la soglia tra la vita e la morte, ma anche tra un passato che scivola via con le sue certezze e un’avvenire che si presenta confuso, incerto e carico di dubbi. E’ una situazione esistenziale che si estende anche alla politica, con la crisi delle democrazie, l’assenza di punti di riferimento internazionali, il declino dei parametri con cui fino a pochi anni fa ci aiutavano ad interpretare i fatti del mondo.
Un altro tema è quello della luce della ragione, un concetto illuministico che Dami non esita a richiamare, giustamente, in un’epoca in cui sembra prevalere la tendenza naturale dell’uomo ad ascoltare più le sue inclinazioni emotive che il ragionamento razionale, in cui viene messa in discussione la scienza e l’esistenza stessa di un metodo per distinguere il vero dal falso. La luce della ragione per Dami asciuga le ali dal sangue e dalle atrocità che con il loro peso impediscono di volare. Mi pare che questa immagine contenga un appello a muoversi sul piano della razionalità e del senso critico, senza chiudersi in appartenenze tribali e in bolle relazionali, anche favorite dai social media, in cui si incontra solo chi la pensa come noi. La violenza deriva da questo tribalismo per cui si frequenta solo la propria opinione e non ci si confronta con quelle degli altri, anche se ci disgustano, anche se sono per noi del tutto sbagliate e magari frutto di pregiudizi. Ma sa sa come sia facile individuare i pregiudizi degli altri e come sia difficile accorgersi dei propri.
Dami era un uomo di cultura del novecento (nato nel 1946), nutrito dalla consapevolezza delle tragedie di quel secolo e con la sua arte ne aveva raccolto la memoria diffondendo i valori civici che da quella esperienza erano scaturiti. Era anche un osservatore attento del suo tempo e nel 2018 alludeva alle atrocità del nuovo secolo, quelle che accadevano anche allora quotidianamente. Dal novecento però Dami aveva anche ereditato la speranza in un volo verso un mondo migliore, addirittura un volo che definisce gioioso. La farfalla è un essere fragile come tutti sappiamo e non può sopravvivere dove si nega l’umanità. Scriveva il poeta ebreo Pavel Friedman che nel ghetto non ci sono farfalle. Andrea Dami invece ha disseminato le sue opere con l’immagine della farfalla, che è stata la sua firma.
E tutti sanno che la parola psiché, che nella tradizione occidentale è tradotta con la parola “anima”, significa anche “farfalla”.