In vacanza all’ospedale

In vacanza all’ospedale

di Carlo Rossetti

dicembre 2025

A parlare di “vacanze all’ospedale”, viene subito in mente che c’è qualcosa che non va. In effetti non si è mai sentito persone in procinto di partire per le ferie che, alla Sardegna, a Capri, a Portofino, o più semplicemente a Viareggio, Cecina e San Vincenzo, abbiano preferito l’ospedale come luogo adatto ad un periodo di riposo. A pensarci bene questo potrebbe essere forse il titolo adatto per un nuovo cinepanettone con la coppia Boldi – De Sica. Eppure, nonostante l’assurdità di queste premesse, vi spiegherò che c’è qualcosa di fondato in questo titolo.

Rifletteteci. L’ambiente domestico, con tutti i suoi problemi, le incombenze, le pulsioni che quotidianamente lo agitano, può essere un luogo stancante in cui vivere, e magari, a lungo andare, un individuo può desiderare un breve soggiorno in un luogo accogliente che lo faccia sentire al sicuro e che lo aiuti a ricalibrare la propria salute. Una specie di sosta ai box. A me è capitato recentemente di finire nel grembo sicuro del San Jacopo di Pistoia, proprio per fare “un tagliando”. Così, d’improvviso, la mia quotidianità si è riempita di un via vai di presenze femminili; uno svolazzio di divise bianche, come tante farfalle al vento, che di continuo mi facevano dei regali sotto forma di compresse colorate, da prendersi ad ore stabilite. Certamente il piacere di tali visite a cadenza regolare, addolciva l’amaro delle medicine.

E come spesso accade, quando non ci sono motivi clinici o personali per cui la degenza risulti dolorosa o insopportabile, anche io ho finito per stringere amicizia col personale, intrattenendomi spesso a conversare con chi entrava nella mia stanza. Voglio qui ricordare Niccolò, un giovane infermiere gioviale, sorridente e gentile, che arrivava puntuale sulla porta ogni volta che suonavo il campanello rosso. La sua voce, diversa dalle altre, lo anticipava dal corridoio con un piacevole accento emiliano che accarezzava il mio orecchio, abituato al nostro vernacolo molto più duro. Disponibile in tutto e per tutto, quando se ne andava mi prometteva sempre che sarebbe tornato per un saluto. Talvolta, a lui si affiancava un collega partenopeo di nome Raffaele e allora le nostre chiacchierate diventavano un cocktail linguistico di indiscussa originalità. Poteva quasi sembrare l’inizio di una barzelletta: “Ci sono un toscano, un emiliano e un campano…” 

Da segnalare poi Angela, cortese, sorridente, Nume tutelare del nostro Niccolò, che dall’alto della sua esperienza sosteneva il giovane collega, non mancando mai di tesserne le lodi, viste le sue indiscusse capacità professionali. Ma indubbiamente, si deve a Niccolò la piacevolezza di certi momenti.

A dire il vero, le mie giornate di ricovero, ricordano più il film “Amici miei”, che non una puntata del “Dottor House”. Io però, a differenza di Mascetti e soci, credo di essere stato un buon paziente, e se ci fosse un sito internet dove si fanno le recensioni degli ospedali come per i ristoranti, darei al San Jacopo di Pistoia cinque stelle, e consiglierei a tutti i miei colleghi nonni di soggiornarci per una breve vacanza.

Ciao Niccolò!

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