di Carlo Rossetti
settembre 2025
Assistere a qualsiasi trasmissione televisiva, durante la quale esponenti di vari partiti si contendono la scena, è come stare al centro di un pollaio, dove galline livornesi e padovane emettono i loro schiamazzi senza rispettare ordine di entrata, né tempi di ascolto. Uguale dicasi di certi programmi di intrattenimento, dove ognuno cerca di parlare prima dell’altro. Si assiste a un bailamme di voci chiassose e allo sbaraglio, proveniente da ospiti intenti a parlare prima degli altri e ciò che è peggio, a non capire nulla a nessuno.
La voce del conduttore o della conduttrice, nel cercare di domare la tenzone, non fa altro che agitare di più le acque e a rendere ancora più indecifrabili i concetti, sempre più confusi perché sommati alle imprecazioni del teleutente che non ha intenzione di pagare il canone, se il prodotto è quello. Basterebbe che uno dei partecipanti rinunciasse un attimo a intervenire, per allentare la morsa degli interventi oramai caotici. Invece è il contrario. Più uno abbaia, più l’altro o gli altri abbaiano e più lo studio si riempie di “strombazzamenti”. Non ci vorrebbe molto prima di entrare in studio, a consigliare, o meglio a ordinare di parlare uno alla volta, per il rispetto che si deve l’uno verso l’altro e in special modo nei confronti del teleutente. A questo punto sarebbe giusto, stando così le cose, aprire la trasmissione con l’annunciatrice che dice: «Signore e signori buonasera! Dallo Studio 2 di Via Teulada trasmettiamo “Il Pollaio”»
Durante altri programmi invece ci viene richiesto di fare donazioni a Enti, Associazioni benefiche, Ospedali, sperdute tribù del Terzo Mondo e ad altre ancora. Per far ciò viene indicato un numero di conto corrente che campeggia sullo schermo. E fin qui tutto va bene. Sta quindi al “tasso di umanità” dello spettatore soddisfare la richiesta o meno.
Però ci sono altre trasmissioni che si rivolgono allo spettatore per richiedere aiuti, segnalare recapiti di servizio, ma il numero da usare viene annunciato a voce dal conduttore durante o alla fine del programma, in una rincorsa al numero che non lascia scampo. A nulla valgono gli sforzi del teleutente per rintracciare foglio e matita o impostare il cellulare per fissare i dati. Dallo schermo parte una scarica di numeri di cui è difficile decifrare la loro entità, mentre sul divano il malcapitato teleutente riesce appena a segnare due numeri naturalmente sbagliati, mentre la matita gli scappa dalle mani. Bisogna fare alla svelta perché c’è pronto un altro programma e i tempi vanno rispettati. Perciò quando il teleutente è pronto per scrivere, sullo schermo appare l’ultimo numero che non serve a niente. è come quando corri per prendere il tram e appena arrivi a salire, il mezzo si muove chiudendoti lo sportello in faccia. Non capisco perché non si dia il tempo necessario per l’acquisizione dei numeri di telefono che non vanno annunciati frettolosamente, ma trascritti lentamente con cura. E’ evidente che molti, pur desiderosi di donare, non sono in grado di poterlo fare. Sarà per un’altra volta. E’ come quando in una trasmissione in cui si parla di salute, un medico risponde alle nostre domande in diretta. Il conduttore o la conduttrice invita il teleutente a telefonare e nel contempo fornisce il numero da chiamare. Se potessimo avere una mitragliatrice che sparasse i numeri, sarebbe più facile trattenerli nella mente, ma detti così, solo un paio potranno esseri ricordati e così sarà impossibile avere notizie sulla nostra sciatalgia.
E allora, finiamo le trasmissioni in allegria e spensieratezza con una sparatoria di numeri allo sbaraglio e, se possibile, accompagnata da fuochi di artificio.



