di Marco Bagnoli. Ph: Foto Olympia
giugno 2025
È il primo marzo del 1985, Gabriella Moncini ha 24 anni e inizia a lavorare alle Poste di San Marcello Pistoiese. Sbattiamo gli occhi, il tempo di un attimo, e sono passati quarant’anni: è il primo marzo di quest’anno, e Gabriella se ne va in pensione. Nel frattempo è cambiato il mondo, è cambiata Quarrata, e per forza di cose, è cambiata anche lei. A San Marcello c’è rimasta poco, e subito è stata assegnata alla sede di Olmi. E un po’ come quelle foto scattate ogni giorno per anni ed anni, un po’ come i covoni di fieno di Monet, Gabriella ha tenuto d’occhio il mondo attorno a sé, che come una pellicola cinematografica scorreva davanti all’inquadratura fissa del suo sportello. E gli attori, tutti presi dalla strada, tutti improvvisati, erano migliaia e migliaia, sempre nuovi. Ma erano anche sempre gli stessi, i clienti abituali di un vicinato che poi non è esistito più. E la relazione con le persone era molto diversa da quella di oggi, si instaurava un rapporto di fiducia più profondo, legato proprio ad una conoscenza reciproca più salda. Non che i dipendenti delle Poste di oggi non siano cordiali e professionali, ci mancherebbe; ma certo una volta chi lavorava allo sportello era sempre lo stesso, anno dopo anno, e così si creava un rapporto più stabile, una relazione, un’amicizia quasi.
In quarant’anni è cambiato il mondo, anche se alle volte sembra proprio tornare indietro. E Quarrata ha vissuto il suo magico boom, e la sua fase di appassimento. Molti abitanti dei dintorni hanno smesso di servirsi dell’ufficio di Olmi, non perché ormai scaltri conoscitori dello smartphone e dei suoi servizi a distanza, ma semplicemente perché non sono più tra noi: c’era il barbiere, il mitico bar Gogo, la macelleria, l’edicola o la merceria, l’alimentari lì all’angolo, e adesso non ci sono più. O perlomeno, restano tra i nostri pensieri come ricordi lontani, e nei pensieri di Gabriella, quando magari torna al suo vecchio ufficio postale e rivede i colleghi. Ma sono ricordi belli, alla fine, i ricordi di una vita che lei rifarebbe subito dall’inizio, e per quarant’anni di fila.
Col tempo è arrivata la tecnologia, da quando si attaccavano le ricevute dei bollettini con la colla, alle trappole mangia-tempo piene di algoritmi e Intelligenza Artificiale che ben conosciamo. Trappole che ci rubano lo sguardo, sempre più attratto dallo schermo e sempre meno speso negli occhi di chi ci sta di fronte. E il problema vero è che forse ci sta bene così. Del resto siamo tutti in cerca di quel qualcosa che premi la nostra esistenza, no? Magari si trova nella prossima scrollata di Facebook, o nello squillo dell’ultima notifica di Whatsapp. E poi ci sta bene nel senso che ci meritiamo davvero di perdere quello che non riusciamo a difendere. Non ci meritiamo il saluto del nostro compaesano, gli auguri sentiti a una settimana dal Natale, e le cartoline che ti passavano per le mani con le bellezze della Versilia, o dei primi viaggi esotici alle Maldive. Forse non ci siamo meritati abbastanza un mondo nel quale si scrivevano più lettere, le si piegava nella busta e si portavano all’ufficio postale per attaccarci sopra un francobollo. In fondo è vero, il mondo racchiuso nel nostro telefono è più bello di quello che ci sta intorno, sempre lo stesso, e dappertutto, come una gabbia. Mentre forse, seduti al proprio posto a servire la gente in fila, chiusi nella “scatola” simbolica dello sportello postale, alla fine si è liberi più che mai: perché è quello il momento nel quale entriamo in contatto con chi ci sta davanti, e vediamo una persona. Una persona diversa da tutte le altre, per carattere, istruzione e modo di fare, ma uguale nel rispetto che comunque merita. Si crea una relazione che ci richiede di mostrare rispetto, empatia e disponibilità.
Perché prima di tutto siamo delle persone anche noi, e sappiamo bene come ci si sente. E Gabriella, che lo sa, raccomanda questo a una ragazza che dovesse fare il suo stesso mestiere, proprio come se lo sarebbe consigliato da sé, 40 anni fa. E avere sempre l’impegno di conoscere il più possibile, e di domandare senza vergogna quello che non si sa. Poi a voltarsi indietro, tutti quanti sapevano sempre tutto. Proprio vero quello che diceva mia nonna, che bisogna prima esser vecchi, e poi giovani…