Funerale: è qui la festa?

Funerale: è qui la festa?

di Carlo Rossetti

marzo 2017

I momenti tristi nel corso della vita sono purtroppo tanti, ma uno in particolare che maggiormente ci dà dolore, è la perdita di una persona cara, sia essa un congiunto o un amico. La nostra cultura, la religione e la tradizione ci tramandano un rito e un sentimento di profondo di cordoglio di cui il pianto è la sincera espressione. Nonostante si dica “E’ passato a miglior vita”, il che in fondo dovrebbe lenire il dolore e dare un senso di sollievo, è la pena che ci pervade.

Sembra però che qualcosa stia cambiando nel comportamento collettivo, visto che anche la società sta cambiando in tanti aspetti importanti e fondamentali. Già da molto tempo non usa più per le donne vestirsi di nero e per gli uomini portare il bottone sul risvolto della giacca, in segno di lutto. Due recenti funerali eccellenti, quello di Ettore Scola e di Umberto Eco, hanno dato una dimostrazione di come sia possibile affrontare in maniera diversa il momento dell’addio. Si parla certo di due persone che non fanno parte del solito contesto sociale, dove mentalità e ambiente possono modificare l’approccio all’ultimo viaggio. Alla fine della cerimonia laica che ha accompagnato il feretro di Ettore Scola, coloro che erano intervenuti si sono avvicinati a un tavolo su cui c’erano spumante e altre bevande per un brindisi di saluto. Al funerale di Umberto Eco, anche questo celebrato in forma laica, al microfono posto a fianco della bara esposta all’aperto, si sono succeduti amici, conoscenti e personalità del mondo della cultura, che un personaggio della sua levatura aveva richiamato. Ebbene, è stato un susseguirsi di racconti, di aneddoti e di rievocazioni, in cui il tono e talvolta l’umorismo, davano leggerezza al rito funebre. Sembrava più un ritrovo di vecchi amici di scuola, dove il sorriso si accompagna ai ricordi. D’altra parte, anche nei momenti come questi, è possibile trovare il motivo per sorridere, senza che ciò sia irrispettoso nei confronti di chi se ne va. Basta leggere le cronache per imbattersi in notizie che a prima vista hanno dell’incredibile, per conoscere certe bizzarrie funerarie.

A New Orleans ad esempio, i funerali hanno un codazzo di suonatori jazz con bassi tuba strombazzanti al seguito, che pur rientrando in un rituale funebre, contribuiscono a creare un’atmosfera quasi gioiosa. Sempre a New Orleans c’è una moda che prende campo, quella dei funerali che si svolgono con un apparato per così dire scenografico. La salma non viene più esposta nella bara, ma messa in una posizione qualsiasi della vita quotidiana. Può trovarsi seduta sul divano di fronte ad un televisore acceso, oppure a un tavolo con tanto di caffè e giornale aperto, oppure nel caso di una donna, trovarla ai fornelli della cucina.

Anche la pubblicità non poteva rimanere indifferente, infatti ricorre alle più amene campagne pubblicitarie, per rispondere alle esigenze di mercato. Una ditta di Roma, ad esempio, dà il via a una serie di slogan che non possono passare inosservati e che inducono a sorridere. Si toglie quel tanto di sacralità e si esorcizza la morte, offrendo servizi da pagarsi in comode rate mensili, come avviene per l’acquisto di un elettrodomestico, accompagnando l’offerta con il motto, “Per pagare e morire c’è sempre tempo”, o “Perché piangere due volte?”. Però, a differenza di qualsiasi altro avviso pubblicitario, la gente non è invogliata ad aderire all’invito, se non proprio costretta dalla sorte. Ci sono pure slogan che contengono anche un monito e che nella loro formulazione sembrano contrari all’interesse dell’azienda tipo: “Se hai bevuto fai guidare qualcun altro. O saremo noi a darti un passaggio”, oppure: “Se hai sonno fermati subito! Meglio riposare in auto che da noi”. Come si vede l’umorismo può essere utilizzato anche parlando di morte.

E i cinesi dove li mettiamo? Non sono naturalmente estranei al mercato del “caro estinto” con prezzi abbassati a tal punto da mettere in crisi le aziende del settore. Non ci stupiremmo perciò, se nell’intento di contrastare la concorrenza, facessero uso al posto delle bare, di lunghi contenitori di plastica o di tela, con manici laterali per la presa, a prezzi veramente convenienti.

Se certe usanze, piano piano dovessero giungere anche da noi, il che può essere in futuro ipotizzabile visto l’andazzo, non ci sarebbe da meravigliarsi se, andando a visitare un defunto, lo trovassimo nell’orto, in abito da campagna, intento a far finta di vangare. La vedova con aria contrita sottolineerebbe: «Eh, l’ho messo così, perché i’ mi’ marito era tutto casa e orto!» E allora, rimanendo in tema di defunti, per dirla come Mike Bongiorno: “Allegria!”

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