di David Colzi
settembre 2023
Donatello Ginetti detto Passini, era un contadino originario della Ferruccia quarratina, e come tanti uomini del secolo scorso, intratteneva i suoi figli con racconti di guerra, facendosi talvolta aiutare dalla moglie Mirella. Narrava di quando in Libia era stato fatto prigioniero dagli inglesi, oppure di quando nell’estate del 1944, era fuggito dai suoi carcerieri con un’astuzia, nel momento in cui questi lo avevano riportato in Italia per condurlo ai lavori forzati sopra Firenze. Passini spiegava ai figli che la fuga avvenne durante il passaggio del convoglio in prossimità di Olmi in direzione Fiesole, sulla statale 66. A quel punto lui e un suo commilitone, chiesero ai soldati inglesi il permesso di allontanarsi per salutare parenti e amici; questi acconsentirono e i due si diedero alla macchia. Aneddoti come questi accendevano la fantasia dei giovani di casa Ginetti, che si immaginavano il babbo durante quelle rocambolesche avventure.
Tutto molto interessante quanto falso: Passini non è mai andato in guerra. A scoprire la verità è stato uno dei suoi figli, Antonio, che negli anni scorsi è venuto in possesso di una informativa della Questura di Pistoia, in cui si dichiarava che: “Il padre, Donatello, subì una condanna a anni due e mesi tre di reclusione, inflittagli il 13.6.1953 (ma la data è sbagliata, poiché era il 1947 ndr) dal Tribunale Militare di Firenze, per diserzione, commessa il 14.11.1944. Pena condonata.” All’epoca, sia Donatello che Mirella non c’erano più per fornire spiegazioni, quindi Antonio iniziò da solo una serie di ricerche storiche e d’archivio, che lo hanno portato alla pubblicazione nel 2023, del volumetto autoprodotto: “Passini” non va alla guerra, consultabile nella nostra biblioteca. Un piccolo, ma significativo contributo, che ci aiuta a far luce sul mondo dei disertori durante il secondo conflitto mondiale, molti dei quali appartenevano agli strati più poveri della società. Gente che scelse la vanga invece del fucile, magari abbandonando d’improvviso il proprio corpo di appartenenza, e perciò bollati come renitenti.
Antonio Ginetti, in tre anni di studio, ha ripercorso passo dopo passo tutti i fatti più importanti della vita del suo babbo, in un periodo molto convulso della nostra storia recente. Una delle prime date che troviamo è il 1932, quando Donatello, appena ventenne, fu chiamato alla visita di leva e dichiarato rivedibile per “debolezza di costituzione”. Poi nel ’34 ci fu la seconda chiamata e dichiarato “riformato per deperimento organico”. Nel ’36 ci fu infine l’arruolamento, a cui poi seguì il congedo illimitato. Purtroppo per lui ci fu un ulteriore richiamo nel 1940 per “istruzioni”; anche in questo caso il tutto finì con un congedo. Alla fine venne arruolato il 12 dicembre 1941 nell’ 83° Reggimento Fanteria “Venezia”, di istanza a Pistoia. Nonostante questo, al fronte Passini non ci arriverà mai, a causa dei postumi di una flebite, che lo vedrà alternarsi fra ospedali e casa, fino a dicembre di quell’anno, per poi essere dichiarato “idoneo al servizio militare incondizionato”. Il fante Ginetti aveva a quel punto trent’anni. La cosa interessante di questo decennale andirivieni nelle caserme, è che ci dà l’idea di quanto fosse irrequieta l’Italia fascista, una nazione tutt’altro che pacifica e che, dopo la guerra in Africa, era nuovamente in cerca di sangue da versare, perché oramai impantanata assieme all’alleato germanico, nelle fallimentari campagne militari in giro per l’Europa.
Arrivati all’autunno del ’43, il non più giovane fante Ginetti, si troverà ad affrontare il periodo del dopo armistizio e vedrà dall’interno la dissoluzione dell’esercito italiano, iniziata con la fuga del Re e di Badoglio. Ed è a quel punto che l’autore ipotizza che in quel clima di smarrimento e di fuggi fuggi generale, Passini potrebbe aver maturato, come molte altri commilitoni, la scelta della diserzione. La cosa certa è che l’ultimo suo richiamo è nell’ottobre 1944, in un altro reggimento sempre di fanteria, e da cui questo si allontanerà a novembre, per poi essere denunciato il mese dopo. Di conseguenza, venne spiccato un mandato di cattura, ma probabilmente tutto finì in un nulla di fatto, poiché non esiste documentazione successiva. Antonio si immagina quindi che Passini abbia atteso la fine del conflitto lavorando nei campi di famiglia a Ferruccia. Chissà! Certo è che per quell’atto subirà un processo nel dopoguerra, come riportato all’inizio.
Insomma,“Passini” non va alla guerra, merita di essere sfogliato per entrare in tutte le pieghe di questa vicenda che noi abbiamo appena accennato, perché si tratta uno spaccato di storia che ha riguardato un’intera generazione di meno abbienti. Il libro sarà poi un pretesto per ricordare i vecchi Ginetti, con il patriarca Serafino e tutti i suoi figli, una famiglia molto conosciuto a Ferruccia, in quanto storici possidenti terrieri, la cui casa è ancora ben visibile nei pressi del torrente Ombrone, con la sua piccola torretta al centro del tetto. Infine tra le pagine del volumetto, troverete anche le considerazioni dell’autore sul fatto che il babbo non abbia mai detto la verità. Buona lettura.