Arnaldo Petracchi -Zucchero e la dolce vita

Arnaldo Petracchi -Zucchero e la dolce vita

di Marco Bagnoli

marzo 2011

A sentirsela raccontare tutta d’un fiato, la vita di Zucchero sembra un romanzo del novecento e verrebbe voglia di copiarsela per farne un film, se non ci fossero da pagare i diritti d’autore a tutti quelli che lo conoscevano. Si chiamava Arnaldo Petracchi ed era del sei. Suo padre era sarto e così suo nonno; anche il babbo del nonno tagliava e cuciva, ma del resto pure suo fratello, che invece lo chiamavano Matassino. E allora pure lui, sarto – un sarto bravissimo. Prima della guerra aveva lavorato a Napoli, in una bottega di piazza Plebiscito e a Montecatini, da Benedetti, fino al ‘28. Allora mica era ancora città, Quarrata – un paese di contadini: e chi ci andava mai a Montecatini? Lui, Zucchero.

A Zucchero piaceva la vita, viaggiare, stare in compagnia, ridere. Pure troppo e alle volte a raccontare in giro certe barzellette poi bisognava inforcare la bici – e allora si che viaggiava, giù, in volata fino al San Baronto, per non farsi trovare dai carabinieri; niente di grave, intendiamoci… questioni di satira. Il negozio ce l’aveva davanti al cinema Nazionale, in certe foto lo si vede ancora. Bravo era bravo; erano i tempi che ancora la gente di Qua si fidava poco dei vestiti già confezionati, ma tanto lui era maestro tagliatore. Nel ‘27 vince il premio per il miglior vestito realizzato a partire dalla sola misura… del polso; e se non lo vinceva lui, chi altro? Poi c’è stata la guerra. Nel dopoguerra casa sua si trova a essere uscio e bottega col dopolavoro, quel cinema Nazionale che non si accontenta di essere anche un caffè e dopo le barzellette si vuole divertire sul serio – non più a crepapelle, ma a squarciagola: a Quarrata la lunga stagione dello scudo crociato e dello schieramento ad esso avverso si gioca tutta a colpi di cantanti. Cantanti famosi.

Di qua Zucchero e il dopolavoro del Nazionale; di là Arzelio Belli, al cinema Moderno: dai rispettivi altoparlanti uno ti scaraventava Claudio Villa – ah sì? – e allora ascoltati bene questo Tajoli! Da parte loro queste ugole d’oro si prestavano senza remore a questa inclemente tenzone. Però intendiamoci, solo per il carnevale, che per il resto dell’anno erano tutti amici; anche perchè i soldi mica li zappi di terra.

Pola, la figlia di Zucchero, si ricorda ancora di quando Nilla Pizzi veniva in casa per cambiarsi, o della volta che Claudio Villa era rimasto a cena. Il pugile Toni d’Agata e Narciso Parigi, la cantante brasiliana Jula de Palma, Bruno Dossena e Gino Latilla. Le belle canzoni di una volta e tutte queste foto in bianco e nero che sembrano restare così indietro, mentre invece Zucchero andava avanti. Nel ‘52 apre il negozio d’abbigliamento in piazza IV Novembre ad Agliana, così anche la Pola rinnova la patente e viene in giù a dargli una mano. Nel ‘63 sono ormai diversi anni che delle serate per il carnevale ha smesso di occuparsene; è un anno di cambiamenti: chiude il negozio di Agliana, quello di Quarrata e si sposta sulla riviera di Cesenatico, a Milano Marittima. E i suoi concittadini tutti a dirglielo, “ma che c’andate a fare?”, sciagurati… – la Lombardia non era mai sembrata così lontana, dall’altra sponda dell’oceano. Per vent’anni Cesenatico sospinge la dolce vita della bella gente nel cordiale abbraccio del nostro Zucchero, che adesso i cantanti l’incontra tutti i giorni e i fogli di banca sono loro a tirarli fuori. Caterina Caselli, Gigliola Cinquetti, la Vanoni, divengono affezionate clienti del suo negozio di biancheria, da un anno all’altro, sei mesi per volta, durante quelle calde calme estati colle vetrine illuminate fino al tocco di notte. Gino Paoli insieme alla Sandrelli, allora incinta di Amanda, nel loro appartamento lì di fronte, come un tempo c’era stato il Nazionale; chissà che faccia avrebbero fatto tutti quelli del Montalbano… Gino Paoli entrava in negozio e si metteva a fare il verso ai toscanacci, con tutte le vostre ‘o’a-’ole-’alde-’olla-’annuccia.

E siccome una famiglia di quattro persone non ci campa lavorando per soli sei mesi, allora Zucchero s’ingegna di mettersi in affari pure a Ravenna e per tutta l’estate fa avanti e indietro senza sosta. E un po’ alla volta arriva Patty Pravo e Cristian De Sica, Fausto Leali, Mia Martini, assieme a Loredana e Renato Zero con tutte le penne. E poi Lucio Dalla, che sul mezzo del giorno andava a dormire sulla panchina di Zucchero e a lui gli toccava di mandarlo via.

UNA ZOLLETTA DI ZUCCHERO

di Massimo Cappelli.

Ho conosciuto Arnaldo Petracchi verso la fine degli anni ‘70, quando entrambi frequentavamo il Bar Cristallo, o il Bar Nazionale, non ricordo bene. Anche se lui era ben oltre i settanta anni ed io avevo da poco passato i venti, vi assicuro che eravamo in confidenza come due coetanei, e non ero certo io che mi adeguavo alla sua età. Zucchero aveva vissuto diverse epoche: aveva conosciuto il benessere nella Stagione dei Telefoni Bianchi, i tempi bui della seconda guerra, la ricostruzione e il Miracolo Italiano, il sessantotto e gli anni ’70 con l’austerity. In ognuno di questi periodi era sempre rimasto giovane adeguandosi alle mode (non gli era difficile visto che faceva il sarto) al costume, al linguaggio.

Amava i locali alla moda di Montecatini, le belle donne e la bella vita, anche perché poteva permetterselo, in tutti i sensi. C’era solo un elemento che lo riportava alla sua età: la brillantina nei capelli, che peraltro a quel tempo stava ritornando di moda anche fra i ragazzi. Era veramente piacevole conversare con Arnaldo, davanti ad un aperitivo o in auto, nel tragitto fra Quarrata e Montecatini: raccontava sempre tanti aneddoti curiosi soprattutto di quando organizzava le serate canore. Purtroppo, verso gli ottant’anni, fu investito da un’auto che faceva retromarcia in Piazza Risorgimento e a causa di quell’incidente, ci lasciò.

Ma come si può intuire da questo  mio breve racconto, Zucchero, come tutti i grandi, fa ancora parte dei ricordi di molti.

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