Progetto Chernobyl (una storia anche quarratina)

Progetto Chernobyl (una storia anche quarratina)

di Piera Salvi. Foto: Adriano Tesi

giugno 2013

Quest’anno salta, come già successo altre volte, il “Progetto Chernobyl” per soggiorni di risanamento rivolti a bambini che vivono in Bielorussia, dove è ancora alto il livello di radioattività in seguito al grave incidente nucleare del 26 aprile 1986. Il progetto è attivo ad Agliana dal 1999 e negli ultimi anni vi hanno aderito anche due famiglie di Quarrata: i coniugi Laila Andreotti e Federico Rafanelli, Corrado Beninato e Michela De Michele. Sono più di novanta i bambini ospitati fino ad oggi dal “Comitato progetto Chernobyl” e oltre venti le famiglie coinvolte. «Quest’anno potevamo raggiungere i cento bambini accolti» riferisce il coordinatore del progetto Aldo Tonioni, «ma purtroppo, a causa della crisi generalizzata non ci sono fondi sufficienti per coprire le spese di soggiorno. Comunque il comitato resta attivo e continua a sostenere il progetto in Bielorussia, in particolare nella città di Koinichi». Tonioni riferisce di avere conosciuto il “Progetto Chernobyl” attraverso Legambiente di Prato. «Nel 1999 è iniziata l’attività ad Agliana con il supporto dell’allora assessore Valentina Sardi. In seguito abbiamo proseguito collaborando con l’associazione “Verso est” di Bergamo» racconta. Di solito i bambini bielorussi trascorrono il mese di luglio ospiti in alcune famiglie che aderiscono all’accoglienza, partecipano ai centri estivi del comune di Agliana ed alle varie attività di divertimento e socializzazione con le famiglie.

«Si tratta di soggiorni di risanamento» spiega Tonioni, «lontano da aree e cibi contaminati dalle radiazioni nucleari. Negli ultimi anni la fascia di età dei bambini ospitati si è abbassata da 9 -13 anni a 8 -10 anni, perché è stato constatato che il beneficio è maggiore, poiché i bambini sono nella fase della crescita che li rende più soggetti ai problemi tiroidei o visivi, derivanti dalle radiazioni. Il soggiorno di risanamento porta il livello di radioattività a zero e per tornare ai livelli primari devono passare circa dieci anni». Quali sono le maggiori difficoltà per organizzare i soggiorni nella nostra zona? «In alcuni anni non siamo riusciti a reperire i fondi ed abbiamo dovuto rinunciare all’ospitalità, come è avvenuto quest’anno. All’inizio il sostegno veniva da banche e aziende, ma negli ultimi anni sono le associazioni di volontariato e i privati che ci aiutano. Inoltre noi del comitato organizziamo iniziative di autofinanziamento». Le maggiori soddisfazioni? «Quando sono andato in Bielorussia nel 2009, insieme a mia moglie, per rivedere i bambini che erano stati ospitati il primo anno: avevano ormai venti anni e ricordavano ogni particolare del soggiorno in Italia».


La moglie di Aldo è Antonella Tempestini che ammette sincera: «Quando arrivò a casa dicendomi che voleva dare vita a questo progetto di ospitalità mi venne un tuffo al cuore. Avevo tanta paura. Ma grazie a lui e alla grande relazione che si è creata con le altre famiglie ho continuato, anche se ogni anno vivo in tensione i giorni precedenti all’arrivo dei bimbi». Sabrina Bonacchi e Paolo Pieraccini sono stati tra i primi ad aderire e non hanno saltato neppure un anno di ospitalità. «Avevamo i nostri figli alla scuola estiva e aderimmo con il consenso dei nostri bambini, che oggi hanno diciannove e ventitré anni, rispondendo a un questionario distribuito ai genitori. Non conoscevamo Aldo e neppure il progetto. Fu uno slancio di generosità e fiducia, senza pensare agli ostacoli». Cristiana Mancantelli e Roberto Pepe (due figli) sono nel comitato da dodici anni. «Ci ha coinvolto Sabrina» dicono «e abbiamo aderito con entusiasmo. E’ un’esperienza che arricchisce genitori e figli». Susanna Nieri e Alessandro Lombardi aderiscono da otto anni: «Nostro figlio Giulio è ancora in contatto con il primo bimbo che abbiamo ospitato» raccontano. «E’ un’esperienza bellissima che richiede un pizzico di consapevole incoscienza.» Stimolati da Sabrina, dal 2008 sono del gruppo anche i quarratini Laila Andreotti e Federico Rafanelli: «Questo progetto favorisce l’amicizia anche tra noi famiglie» dicono. Per tutti è fondamentale il coordinamento di Aldo, l’anima del progetto, ma lui, insieme a tutte le famiglie ringrazia le associazioni che collaborano.

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