il “fungone” di Quarrata – una storia scritta sull’acqua

il “fungone” di Quarrata – una storia scritta sull’acqua

di David Colzi

marzo 2018

Il “fungone” di Quarrata, con i suoi 40 e passa metri di altezza, è diventato nostro malgrado uno dei simboli della città. Piantato fra il Liceo artistico e il Palamelo, si trova lì in via Arcoveggio da talmente tanto tempo che ormai in molti non ci fanno più neanche caso. Ma cos’è di preciso? Qual è la sua storia? Noi cercheremo di dare risposte a queste e altre domande

Iniziamo dal nome tecnico: si tratta di una Torre piezometrica e fu terminata nel giugno del 1975, allo scadere dell’ultima amministrazione Amadori. Questa struttura in cemento armato serviva a dare una pressione costante all’acquedotto, per poter distribuire acqua alle zone quarratine di pianura, “eliminando così il fenomeno della mancanza di acqua in certe zone di Quarrata” si leggeva su La Nazione, che non a caso affermava: “L’importanza dell’opera è notevole”. Il suo funzionamento, ad un occhio inesperto, poteva sembrare quanto mai bizzarro, perché l’acqua veniva pompata dal basso verso l’alto fino a riempire l’invaso che si trova in cima e da lì tornava nella rete idrica con una spinta adeguata (motivo per cui fu calcolata un’altezza ben precisa). Oggi, per fortuna, l’ingegneria civile consente soluzioni meno ingombranti e di “funghi” non ne spuntano più! Probabilmente fu scelto il sito di via Arcoveggio perché lì era presente un pozzo profondo da cui si poteva estrarre acqua. Questa costruzione non è un caso unico in Italia, perché strutture simili furono utilizzate nei decenni scorsi in diversi Comuni pianeggianti, soprattutto in un momento storico in cui, nel giro di poco tempo, ci fu un’espansione demografica massiccia, con la realizzazione di case a più piani. Per quanto riguarda il fabbisogno d’acqua, le amministrazioni Amadori si erano adoperate negli anni su vari fronti, creando ad esempio il Pozzo dei boschetti, un pozzo artificiale nutrito dall’acqua del Montalbano. Comunque sia, arrivati agli anni ’70, si ebbe ancora “fame d’acqua”: da qui la torre.

Con la giunta Caramelli e poi Testai (metà ’70 – fine ’80) si capì, non senza difficoltà e polemiche, che bisognava abbandonare l’idea obsoleta di estrarre l’acqua dai pozzi, per affidarsi alle fonti di superficie, sia per un fatto di qualità della materia prima, sia per un fatto di quantità; furono perciò creati i bacini di Le due forre e Falchereto (quest’ultimo terminato dalla giunta Cappellini). Le acque di questi invasi venivano trattate a Santonuovo e spinte al deposito di Montemagno, per poi tornare nelle case dei quarratini bypassando il “fungone”. Il motivo principale per cui non ci si fidava più delle fonti di profondità, era legato al fatto che la grande urbanizzazione aveva portato all’inquinamento delle falde acquifere. D’altronde il problema dell“acqua sporca” come si diceva allora, era al centro di numerosi dibattiti in tutta la piana. A questa triste realtà non era estraneo neanche il pozzo sotto il “fungone” che presentava percentuali significative di ferro e manganesio; inizialmente, come da progetto, gli venne costruito nelle vicinanze un impianto di depurazione per la deferrizzazione, demolito negli anni ’90; successivamente si decise di deviare quella portata verso la centrale di San Biagio in via larga, meglio attrezzata per trattare quel tipo di acque. Da qui, una volta ripulita, veniva spinta al deposito delle Piastre per poi raggiungere le zone periferiche di Quarrata senza tornare alla piezometrica. 

Dalla metà degli anni ’80 la piezometrica fu poi impegnata a gestire un ulteriore volume d’acqua, che però stavolta arrivava da fuori Comune; in quel periodo infatti, Quarrata assieme ad Agliana e Montale, realizzò un acquedotto consortile, andando a prelevare all’Agna delle Conche, una diramazione del fiume Agna, in località Scali di Fognano. Da lì partivano 3 tubi che andavano ciascuno in un Comune, e quello che arrivava da noi era (ed è, purtroppo) il famigerato tubone di cemento amianto che in tempi recenti ha dato tutti i problemi che ben conosciamo. Nonostante l’acqua facesse un percorso dall’alto verso il basso, la piezometrica continuava a servire perché lungo il tragitto si perdeva un po’ di forza e quindi ci voleva un’ulteriore spinta per raggiungere le abitazioni di pianura. Questo servizio la torre lo ha garantito anche negli anni ’90, quando il Comune di Quarrata è entrato assieme ad altri nella società Consiag, per la gestione consorziale dei servizi di acqua e gas. Medesimo uso ne ha fatto Pubbliacqua, che dal primo gennaio 2002 ha preso in carico la gestione idrica della provincia di Pistoia e non solo. è stato infine questo ente a mandare in pensione il “fungone” nel 2013, dopo quasi 40 anni di onorato servizio, scollegandolo dall’acquedotto perché la sua tecnologia è stata considerata superata. 

Oggi la struttura vuota è nelle mani del Comune che ne sfrutta solo l’altezza e la posizione strategica. Basta alzare lo sguardo al cielo per vedere sulla sua sommità: antenne per la telefonia, sensori per il rilevamento delle onde elettromagnetiche e telecamere per monitorare eventuali incendi boschivi sul Montalbano. Ad onor del vero quest’ultima installazione, fu voluta in via sperimentale dalla giunta Marini nella prima metà degli anni ’90. La sua base invece è rimasta uno snodo nevralgico delle varie tubature idriche di Quarrata.

Adesso snoccioliamo qualche dato costruttivo. Iniziamo con il serbatoio che già presenta cifre da capogiro: pensate che poteva contenere 150 metri cubi di acqua. La cima del serbatoio, dove si trova il parapetto, ha invece un diametro approssimativo di 11,60 metri. Scendendo, si trova il gambo con una circonferenza di 8,20 metri e un diametro di 2,60, che contiene le scale per salire in cima. Alla fine dei conti, ci troviamo davanti ad un colosso di 45 metri, del peso approssimativo di oltre 200 tonnellate.

Una volta presa coscienza di tutte queste cifre e rammentando dove si trova, fra una scuola, una mostra, un parcheggio e una palestra, ci è sorta spontanea la domanda: Ma è stato costruito seguendo le norme antisismiche? Purtroppo non siamo in grado di rispondere con certezza ma, leggi alla mano, sembrerebbe proprio di no, in quanto venne realizzato in un periodo in cui la nostra zona non era ancora considerata a rischio, nonostante che nel 1974 fosse stata emanata la famosa legge n°64 che regolava la materia; infatti la prima stima del nostro territorio come zona sismica, fu fatta solo nel 1982. Non ci risulta neanche che la torre abbia mai avuto negli anni adeguamenti antisismici, ma a riguardo siamo pronti a dare spazio a documentazioni di smentita. 

Attualmente, sulla base delle ultime classificazioni, il Comune quarratino, su una scala da 1 a 4, dove 4 è l’intensità minore e 1 la maggiore, risulta in zona 3. Viviamo per fortuna in un territorio a bassa pericolosità (zona che può essere soggetta a forti terremoti ma rari, si dice), però è anche vero che abbiamo la stessa valutazione di città italiane che in questi anni hanno subito scosse piuttosto violente. 

Quindi cosa ce ne facciamo della torre? Leggendo un allegato del“Piano triennale per l’individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell’utilizzo di beni immobili ad uso abitativo o di servizio. Anno 2017/2019” del Comune di Quarrata, apprendiamo che al punto “3e” delle “Misure per la razionalizzazione” si dichiara: A lunga scadenza, l’Amministrazione Comunale verificherà l’opportunità di mantenere la torre piezometrica con i relativi impianti di telefonia sopra installati, in virtù della riqualificazione dell’intera area. Confidiamo che venga presa la decisione giusta.

Per le notizie storiche e tecniche si ringrazia: Rosita Testai (ex sindaco), Alberto Bertocci (ex vice sindaco), Stefano Marini (ex sindaco), Angela Gigni e tutto lo staff della Biblioteca comunale di Quarrata, Luciano Tempestini, il geometra Fiorello Gori e Daniele Manetti (Legambiente Quarrata).

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