di Serena Gori
settembre 2020
Il Coronavirus tra i tanti effetti, ha avuto anche quello – sicuramente il più lieve fra tutti – di trasformare la famosa “Movida” in “Covida”. La lingua italiana si arricchisce di un nuovo lemma che vuole descrivere gli effetti negativi che in questi tempi può avere l’ex innocente riunirsi per bere un aperitivo insieme agli amici. Autore dell’invenzione semantica, come si legge da un articolo del Corriere della Sera, è un giornalista parlamentare che ha usato questa parola in una sua cronaca delle serate romane.
Subito dopo la fine del lockdown si era posto l’interrogativo di come i giovani avrebbero reagito al “via libera”, inizialmente graduato, ma soprattutto come avrebbero gestito il periodo estivo, sicuramente deputato al divertimento. Utopistica e – a mio avviso – piuttosto esagerata l’idea (alquanto moralista) di quelli che avrebbero bandito qualsiasi tipo di svago giovanile nei locali, nei centri di paese e nelle piazze. Utopistica perché non si può “incatenare” troppo a lungo la fascia under 30, che per caratteristica ontologica e collegata all’età, dopo più di due mesi di chiusura, è naturale che abbia voglia di divertirsi e reimmettersi nella socialità. Esagerata perché la “Covida” può essere anche vissuta con attenzione e saggezza, utilizzando una buona dose di senso civico e nella consapevolezza della rischiosa situazione ancora oggi presente. I moralismi non servono e ancor meno con i giovani. Con noi è importante il dialogo accettando punti di vista diversi e le critiche ma anche ricordando che nessuno oggi è fuori pericolo. La tragedia dei mesi scorsi è in un libro di storia a cui manca ancora purtroppo la parola fine. Nel pieno dell’estate sono risuonate forti le parole del Ministro della Salute: “Voglio lanciare un appello ai giovani. In questi giorni ne stiamo vedendo di tutti i colori: discoteche, apericene, locali notturni affollati, assembramenti di ogni tipo. Ai ragazzi e alle ragazze dico: state attenti perché voi siete il veicolo principale del contagio in questo momento”. Il giorno dopo, nel titolo di un giornale era riassunta una risposta: “Se non ci divertiamo, per noi non c’è estate”. Nell’appello del ministro non c’era la richiesta di rinunciare al divertimento ma un invito a ripensarlo in una situazione ancora a rischio. In questo appello non c’era un rimprovero, c’era una forte preoccupazione e un affidarsi alla sensibilità nonché responsabilità che molti giovani ancora hanno.
Ma quindi quali possono essere metodi alternativi per vivere correttamente la “Covida”? Ne sono stati inventati alcuni molto strambi, fra cui quello proposto della maschera “Soffio”, maschera protettiva gonfiabile da indossare durante il pasto. Nato dalla collaborazione tra Alessio Casciano Design di Roma, i milanesi di MARGstudio e Angeletti Ruzza Design di Rieti, Soffio è formato da una visiera che permette di mangiare e di bere ma allo stesso tempo crea una barriera protettiva che evita lo spargimento delle ormai famose goccioline di droplet. Un’altra è la tuta per tornare in pista da ballo in sicurezza. Production Club, azienda di Los Angeles specializzata nell’ideazione di atmosfere e installazioni per l’industria musicale, ha realizzato Micrashell, una tuta protettiva in polifelinetere con casco ermetico e guanti integrati che costituisce un vero e proprio dispositivo di protezione individuale anti-Covid. Ancora. Sono state create addirittura le scarpe per il distanziamento sociale che, al costo di circa 100 euro, misurano 50 cm e permettono quindi di mantenere il metro di distanza tra le persone.
Insomma di idee più che originali ve ne sono a bizzeffe, ma il messaggio che anche designer, stilisti e “inventori di cose” vogliono mandare è quello di continuare a divertirsi senza rinunciare a nessun piacere, ma di farlo semplicemente con qualche accortezza in più, imparando a “convivere” con un nemico che purtroppo ancora non è stato sconfitto.