La favola del Natale

La favola del Natale

di Linda Meoni

dicembre 2014

La favola s’è rotta in una notte di dicembre. Ero nel mio lettino con la coperta tirata su fino alla testa. Con me c’era anche mia sorella. Dormivamo insieme. O meglio, fingevamo di dormire. Natale sarebbe arrivato da lì a qualche notte e nella nostra testa era già tutto pronto: un bicchiere di latte, qualche biscotto da lasciare sul tavolo del salotto per quel “Babbone” arrivato da lassù, dove ci avevano detto che faceva un freddo che nemmeno ci potevamo immaginare. Quella notte cambiò tutto perché ci accorgemmo, nostro malgrado, che non era vero che i regali li portava quell’omone dentro a un sacco. Quei regali venivano dalla soffitta, dove babbo e mamma li accatastavano in attesa della notte del 25 dicembre.

Allora capimmo che il freddo, quello della vita, era un freddo che neanche lontanamente poteva somigliare a quello che fa di solito in Lapponia: era il freddo della delusione. Quello che non basterebbero cento coperte per fartelo passare. Poi si cresce e i freddi si moltiplicano e a volte la coperta è troppo corta per poterli superare indenni. Ma quando cresci ti accorgi anche che c’è chi quel freddo ha deciso nonostante una coperta troppo corta di sopportarlo e superarlo col sorriso. Con la… “grullaggine”. E allora arriva la Lapponia in un posto, il Polo Tecnologico, che con la Lapponia poco ha a che fare. E si ride, si scherza e ci si diverte perché c’è un bambino che c’ha insegnato a farlo così, scanzonati e leggeri. Se dici il suo nome ormai lo conoscono tutti e ti succede anche di vedere in giro per le strade delle macchine con qualche fiocco viola o con qualche adesivo dei ‘parrucconi’ del Nicco Fans Club. E’ l’esercito degli amici di Niccolò che hanno trasferito ‘baracca e burattini’ a Quarrata per il Natale e che qui realizzeranno giocattoli da vendere, il cui ricavato andrà al Meyer di Firenze.

Ma il vero miracolo, non tanto quello della mobilitazione quanto quello di un sorriso che resiste a tutte le intemperie, lo ha fatto prima ancora lui, quel bambino che la vita l’ha costretto a diventare grande troppo in fretta. E noi, che grandi lo siamo davvero, non ci capacitiamo di come facciano i bambini ogni volta ad allungare quella coperta. Ne siamo ammirati e anche un po’ invidiosi. E ci torna la voglia di credere ancora a Babbo Natale. Non so voi, ma io il 24 sera, come mi ha insegnato a fare mia mamma da bambina, quel bicchiere di latte sul tavolo quest’anno glielo lascio.

Ma prima un salto al Polo Tecnologico ce lo faccio. Che non ci sarà la Lapponia vera lì, ma ci sarà un bambino a cui ognuno di noi deve regalare un po’ di gratitudine.

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