Sabrina Sergio Gori – Sindaco dal 2002 al 2012

Sabrina Sergio Gori – Sindaco dal 2002 al 2012

di Massimo Cappelli.

giugno 2015

Da questo numero vogliamo dare uno spazio a tutti i sindaci quarratini che si sono susseguiti dal dopoguerra ad oggi, un’intervista per i più vicini e un ricordo storico per quelli deceduti. Ci è sembrato ovvio iniziare dalle signore.

Cosa spinge un medico con uno studio avviato a far carriera politica e mettersi alla guida di un paesone di 25.000 abitanti? Saranno sicuramente meno i pazienti “nemici”per aver sbagliato una diagnosi o una terapia sulla loro influenza, che gli avversari politici o i cittadini scontenti per l’asfalto rotto davanti casa. 

Io provo passione per la vita e metto entusiasmo e amore in quello che faccio, sia che cuocia gli spaghetti per i miei figli e i miei amici, sia nel lavoro. Così ho fatto dal 2002 al 2012 in Comune a Quarrata, una Città dalle mille sfaccettature, con mille problemi ma anche mille risorse. Per 10 anni ho fatto il sindaco, esperienza bellissima, difficilissima, che ti mette a contatto con la gente, con le loro gioie e i loro dolori. Mi sono semplicemente messa a servizio di una comunità, della mia, della nostra comunità.

Dal 29 maggio 2002 al 6 aprile 2012, il lungo periodo di dieci anni in cui sei stata sindaco hai visto, purtroppo, il calo dell’economia. Quarrata all’inizio del tuo mandato era ancora una fiorente cittadina e il suo prodotto, il mobile imbottito, era ancora richiesto nel mondo. I commercianti del settore arredamento erano un punto di riferimento e il nostro territorio era un Polo di Attrazione per chi voleva arredar casa. Cosa si poteva fare per evitare la situazione attuale che tutti conosciamo?

La crisi economica che ha colpito il mondo occidentale, partendo dagli USA e arrivando in Europa, si è abbattuta inevitabilmente anche su Quarrata, anche se gli “anni d’oro” della città del mobile erano già un ricordo lontano. Quarrata, come tante realtà produttive di oggi, ha bisogno secondo me di non chiudersi in se stessa e di fare rete. Siamo toscani e i “campanili” sono gioia e dolore per noi. Gioia perché ci hanno permesso di mantenere tante tradizioni, anche di paesi e di piccoli borghi; dolore perché la competizione col vicino spesso ci impedisce di vedere che i veri competitors sono altrove e molto più lontani. Ormai ci confrontiamo con le grandi realtà della Cina e dei paesi arabi ad esempio, dove vivono milioni di persone. Siamo rimasti troppo isolati, ma non possiamo più permettercelo. Dobbiamo anzi scommettere sulle potenzialità dell’Area Metropolitana, in una Toscana che solo insieme, con un progetto di rete potrà rispondere colpo su colpo alla crisi. Da soli non ce la faremo mai, insieme è possibile, ma senza frammentazioni né miopia che non ci fa guardare oltre il piccolo spazio domestico.

Quali sono le scelte fatte dalla tua giunta delle quali vai orgogliosa? E cosa non rifaresti?

Ci sono molte scelte a cui ripenso convinta e con un pizzico di orgoglio: una fra tutte il giardino dei Ronchi, intitolato a Nadia e Caterina Nencioni, le bimbe uccise in via Georgofili a Firenze. Vi sono spazi che diventano luoghi dove si vive bene, perdendo la connotazione di dormitori. Questo spazio per me è anche un simbolo. Ricordo poi con grande emozione la festa di inaugurazione della nuova Via Montalbano: non solo è stata la prima opera realizzata, ma anche la prima promessa mantenuta. Ricordo ancora distintamente le tante richieste e sollecitazioni in questo senso, per cui c’era l’emozione di aver corrisposto ad una richiesta della città. Tante altre cose: la Piazza Risorgimento, rinnovata in modo che il Mercato del sabato non spezzasse più in due la città; il lungo e faticoso lavoro che ha portato la Villa della Magia a diventare Patrimonio dell’Umanità, luogo simbolo della nostra città, dove si incontrano ogni giorno tante persone a passeggiare, leggere, giocare coi cani, divertirsi con i bambini nel parco giochi Caponnetto. Il cruccio: non aver definito con tempi certi l’uso del Caselli come Casa della Salute: un grande patrimonio regalato ai quarratini, che i quarratini dovrebbero poter usare. Vederlo lì, lasciato a se stesso, mi dà tristezza.

Quale è stata la più grande soddisfazione personale e quale la più grande delusione?

La più grande soddisfazione personale è aver lavorato senza risparmio, per dimostrare che la politica è progetto e averlo fatto con passione, anche troppa a volte. Questo mi ha consentito anche di incontrare persone straordinarie come Marisa, Vincenzo, Pina Grassi, Poirer, Daniel Buren, Giovanni Chinnici, e persone con mille storie alle spalle, di gioia, di sofferenza, di bravura, di stile; ragazzi, anziani, artigiani, operai, maestri. Ci sono state anche le delusioni, certamente. Non voglio ricordare le delusioni, per scelta personale. Ormai poi le sto quasi dimenticando.

Questa rivista entra in tutte le case di Quarrata, cosa vuoi dire ai tuoi compaesani?

Quarrata ha una grande tradizione; e tradizione come diceva Mahaler, significa “tenere vivo il fuoco e non adorare la cenere”. Noi siamo stati bravissimi a mantenere acceso il fuoco vivo della crescita, ora è il momento della fiducia in noi stessi, è il momento di rimboccarsi le maniche.

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