Oretta Innocenti – la regina di Dreone

Oretta Innocenti – la regina di Dreone

di Luciano Tempestini

dicembre 2019

Riprendiamo dagli Appunti di redazione dell’ultimo numero, dal titolo: “Raccontiamo il nostro boom”, nel quale il nostro direttore Giacomo Bini, invitava i non più giovani a raccontare i loro trascorsi, le storie di vita vissuta, quel percorso del secolo che oramai da un ventennio abbiamo lasciato; e quindi quale testimonianza migliore di quella della mia vicina di casa, una dolce nonnina che da pochi mesi ha compiuto 97 anni? 

Parliamo di Oretta Innocenti in Bracali, una signora che riesce tutt’oggi a leggere con assiduità e passione: giornali, riviste e libri di ogni genere, anche se, ci tiene a precisare, devono avere caratteri grandi, per non stancare troppo la sua vista. D’altronde la sua lucidità mentale mi ha sempre affascinato, e quando vado da lei in visita di cortesia, mi racconta il suo passato ricordando praticamente tutto, come il suo trascorso scolastico; pensate che lei ha frequentato tutte le 5 classi delle elementari, che per quei tempi era un traguardo riservato a pochi. I primi tre anni è andata alle scuole di Buriano, essendo lei originaria di quella frazione, mentre la quarta e la quinta le ha fatte a Quarrata. Facendo un rapido calcolo, in quei due anni di scuola, circa cento ottanta giorni, deve aver percorso a piedi, fra andata e ritorno, circa 2.600 chilometri… forse di più! 

Oggi invece Oretta non può più camminare e trascorre le sue giornate seduta su una poltrona sanitaria, raccontando, con innata signorilità, quel suo vissuto, a chi ha voglia di ascoltarla. E proprio questo suo aspetto un po’ “aristocratico”, unito ad una leggera somiglianza con la Regina Elisabetta, mi ha permesso di appellarla come “Regina di Dreone”, che sarebbe un borgo formato da una dozzina di abitazioni, ubicato a metà del Montalbano, tra la frazione di Montemagno e quella della pianura di Campiglio.

Da quel suo trono obbligato e certamente non proprio regale, ama ricordare gli usi e le abitudini della sua giovinezza, precisando sempre con insistenza che non vi erano comodità, come le auto o i bus scolastici, né altri mezzi motorizzati per essere accompagnati a scuola dove si studiava la geografia, imparando i nomi più strani delle capitali europee e mondiali, scrivendo con il pennino intinto nel calamaio. Il dopo scuola poi non permetteva a nessuno di annoiarsi: i giovani maschi dovevano andare ad aiutare gli uomini della famiglia nei campi, mentre le femmine imparavano i mestieri di casa. E a riguardo Oretta aveva imparato da sua madre l’arte del Filet, che a sua volta l’aveva appresa dalla Contessa Gabriella Rasponi Spalletti. Per chi non lo sapesse, il merletto a Filet è un tipo di pizzo dalla caratteristica quadratura simile a una rete, sulla quale risaltano i motivi geometrici ricamati. Quest’arte ha accompagnato Oretta per gran parte della sua vita. 

Vista la sua età, la nostra “regina” ha attraversato anche il periodo cupo della guerra. All’epoca viveva a Montemagno con la famiglia, che si era trasferita lì per motivi di lavoro. Ma a quella frazione sono legati anche bei ricordi, perché vi ha conosciuto Carlo Bracali, l’uomo della sua vita che sposò una volta finita la guerra. Per il resto, Oretta continuò ad adoperarsi nelle opere del Filet facendosi conoscere, per la sua abilità, anche fuori dai confini comunali. Tra i suoi committenti c’era un commerciante di Tizzana e Oretta ricorda che percorreva a piedi la distanza tra Montemagno e Tizzana per consegnare i lavori che le erano stati commissionati e al ritorno si fermava a Quarrata, per spendere il guadagno in generi alimentari. E nei suoi racconti riemerge il rammarico per non poter più camminare come faceva una volta.

Per rendere omaggio alla sua bravura nell’arte del Filet, ci sarebbero tante storie da raccontare di cui almeno una merita di essere citata. Circa ventanni fa, arrivò a Dreone una signora pistoiese, chiedendo a Oretta un’opera particolare di Filet, grande un metro e venti per ottanta, che raffigurasse l’immagine sacra del volto di San Pio da Pietralcina. Questa sarebbe dovuta servire per un gruppo di preghiera devoto al Santo. Oretta si mise al lavoro di buona lena, riuscendo a terminare l’opera come richiesto, nonostante la difficoltà di riportare sulla tela un volto, anziché motivi geometrici; per lei fu giustamente motivo di orgoglio e felicità.

In conclusione, con la mia insistente curiosità chiedo a Oretta se ha un desiderio che vorrebbe fosse esaudito, dato che ha vissuto tanto e ha visto tante cose. Lei, andando un po’ a memoria, mi cita una frase che gli è rimasta nella mente leggendo un libro. Dice così: «Un giorno a sorpresa vorrei tornare a trovarvi per capire a chi sono rimasta nel cuore e capire se ho compiuto giustamente il percorso nella vita». Oretta Innocenti è proprio una grande donna.

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